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DEL CHIABRERA 309

Fil. Lo sa per la Licori
     Fante di Gelopea.
Tel. E perchè Gelopea
     L’ha detto alla Licori?
Fil. Per aver più bell’agio
     D’uscire, e di tornare
     A mezza notte in casa.
Tel. Ma perchè la Licori
     Dovea dirlo a Nerino?
Fil. Nerino è suo cognato;
     Ed ella paventando di quei rischi,
     Che possono avvenire
     In opere si fatte,
     Corse a lui per consiglio.
Tel. Or quale è questo amante
     Uscito di sotterra
     Tanto improvvisamente?
Fil. Non si sa, ma Nerino sospettando,
     Ch’io non fossi quel tale,
     Venne per ammonirmi e per pregarmi,
     Ch’io non facessi ingiuria
     Si grave a quel casato;
     Ed io negando, come veramente
     Dovea negare, ei quasi argomentando
     Contra di me mi disse,
     Che il loco destinato
     A questi amori ascosi
     Era il fenil d’Alfeo,
     E si parti ben certo,
     Ch’io fossi quel pastore,
     Che trovar si dovea con Gelopea,
     Che così fosse ognuno
     Con esso l’infedele,
     Come vi fia Filebo.
Tel. Filebo io non vo’ dire,
     Che Nerino l’inganni,
     Più tosto crederò, ch’ei sia ingannato,
     Ma, ingannato o no, che Gelopea
     Sia cotanto malvagia
     E certamente inganno.
     Duolmi, che per l’amore,
     Che vi portate, a me sia divietato
     Entrare in casa loro;
     E che sia divietato a Gelopea
     Il meco favellare,
     Che certamente or ora
     Farei che con sua bocca t’aprirebbe
     La strada da venire
     A trovar questa froda;
     Ma perché so come la gelosia
     Metta presto radici,
     Nel petto di chi ama,
     E so come ne tratta, io vo’ condurti
     A ritrovare il vero
     Per un altro cammi@;
     Vanne nascostamente
     Entro il fenil d’Alfeo
     E là dentro t’appiatta;
     Se non verrà niuno
     Tu sarai fuor d’affanno;
     Se verrà Gelopea
     Tu farai tue querele, e tue vendette;
     Ma non verrà niuno.
Fil. Io benché sia tradito
     Ingiustissimamente,
     Non ho per tanto il cor così gagliardo,
     Ch’io le dia tanta pena,
     Quanta ella sentirebbe in rimirarsi
     Colta su tanto fallo,
     Da me massimamente;
     Ciò non potria far mai;
     Ma si ben sommamente ho desiderio
     Di spiare chi sia
     Il tanto fortunato,
     Che trova tanta fede
     In quel petto ove io trovo
     Cotanto tradimento:
     E però viemmi in core
     Di vestire i tuoi panni,
     E per quelle contrade raggirarmi,
     Per questo modo io posso agevolmente
     Ben riconoscer loro
     Senza esser conosciuto.
Tel. Fa come più ti piace.
Fil. Come è possibil cosa,
     Ch’ella doni se stessa a chi non l’ama?
     Ma che alcun l’abbia amata,
     Non so salvo Berillo.
Tel. Ah che tu di’ pazzie!
     Se Berillo più volte l’ha richiesta,
     Al padre per sposarla,
     E se’l padre più volte
     S’è turbato con lei,
     Perchè non vuol sposarsi:
     Dev’ella essergli amica
     Potendo essergli moglie?
     Fi. Hai ragion veramente; io non ritrovo
     Chi possa esser costui.
Tel. Nè tu ritroverai
     Nel fenile d’Alfeo
     Alcun; sta di buon core; entriamo in casa.
Fil. Entriamo, ch’oggimai
     Il sole abbassa, e l’ombre
     Allungando si van sopra la terra.

ATTO QUARTO

SCENA PRIMA

Licori e Gelopea.

Lic. O figlia, o Gelopea
     Da me non meno amata,
     Che se mi fossi figlia:
     Odi le mie preghiere:
     Pon mente che tu perdi
     E la vita e l’onore.
Gel. Favella bassamente
     Licori, e credi che non ha periglio
     Il mio proponimento:
Emmi cara la vita,
     E più caro l’onore.
Lic. Come non ha periglio?
     Andarsene una vergine soletta,
     Armata e travestita