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308 | POESIE |
SCENA SECONDA
Filebo.
O Filebo, che senti
Per bocca di Nerino?
Nel fenile d’Alfeo
Per impresa amorosa
Con altrui questa notte
Deve andar Gelopea?
Ah Gelopea finora
Nove così soavi
Hai fatte di veneno?
Qual forza ti stringeva
A mostrarmi sembianti
Cotanto graziosi?
Se’l cor non era mio,
A che furono miei
Per così lungo tempo
Gli sguardi e le parole?
Ma se per qualche tempo
Il tuo cor fu pur mio;
Apri tu la cagione,
Onde subitamente
Altrui n’hai fatto dono
Che io per me non trovo
Là dove t’abbia offeso,
Nè cosa, onde sia degno
Di così grande offesa.
O sere, o giorni corsi
Con cotanti favori;
O promesse, o speranze,
O nozze disïate;
A sì misero punto
Dunque siamo venuti,
Ch’io nelle braccia altrui,
Oda starsi godendo
La perfida bellezza,
Che per darmi la morte,
Con tanto tradimento
Tanto mi s’offeriva?
Ah crudel gente! ah nome
Senza amor, senza fede
Femmina! Or dunque in ciclo
Non sarà tuono o fiamma,
Ch’un di faccia vendetta
Di tanto ingrato seme?
Pera il giorno ch’uscisti
Fuor del ventre materno
Iniqua Gelopea;
Perano gli occhi tuoi
Maestri di fierezza,
Nati per fare strazio
De’ cuor suoi più fedeli.
O tu c’hai del suo petto,
E non so per qual modo
Intera signoria
Giovine sconosciuto,
Fuggi, fuggi quest’empia,
Lasciala in abbandono;
Non credere a’ suoi vezzi,
Che con essi l’ingrata
Ha traboccato a morte
Un che non seppe mai
Salvo sempre adorarla;
Ma lasso, io qui mi doglio
Indarno, e mi lamento
Pieno d’angoscia, ed essi
Non si lamenteranno,
Che bene accolti insieme
Fra giochi e fra dolcezze
Si goderanno; come
Ch’essi si goderanno?
Or per me non rimane
Almeno un’asta, un spiede
Almen per vendicarmi?
Non sapeva costui,
Ch’io n’era fatto amante?
Che quella empia bellezza
Era già fatta mia
Per cotante promesse?
O misero Filebo,
L’amor fin qui cresciuto
Così soavemente
Terminerassi in sangue,
Ed in ferro ed in morte;
Ecco, dove mi tira
Tua fede, e tuoi costumi
Iniqua Gelopea;
Che fossi io nato cieco;
Che mi fosser caduti
Gli occhi quand’io ti vidi,
Che mi si fosse spento,
Il cor quando t’amai.
SCENA TERZA
Telaira, Filebo.
Tel. Veggio io Filebo là, che stassi in atto
Di lamentarsi, tutto
Afflitto e tormentato ne’ sembianti?
Egli è certo Filebo,
Carissimo Filebo,
Carissimo fratello,
Ond’è, che ti rimiro contristato?
Perchè ti veggo a gli occhi
Questi novelli pianti?
Fil. O Telaira, quanto
Meglio saria per gli uomini, che al mondo
Non ci fosse d’Amore,
O ch’almeno le donne
Ci sapessero amare
Con un poco di fede.
Tel. Perché queste querele?
Dillo, ch’io te ne prego.
Fil. La nostra Gelopea,
Come potrò mai dirlo?
Ella s’è data in preda ad un amante,
E questa notte, questa notte deve
Esser con esso lui.
Tel. Ah fratello, ah Filebo
Non dir queste bestemmic
Gelopea con altrui?
Qual fu l’uomo maligno,
Che disse la menzogna smisurata?
Fil. Non è uomo maligno;
Hallo detto Nerino.
Tel. E come sa Nerino
Così fatto secreto?