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DEL CHIABRERA | 305 |
Che non m’avanza tempo
Da rimirar il Cielo.
Uran. Ei move molto adagio.
Ner. O oro degnamente
Da ciascun custodito! e s’è ragione
Custodirlo, è ragione
Ancora procacciar di farlo suo,
Ma per via, che sia buona:
Or se non sono assai le male vie,
Come lo farem nostro,
Solo pur con le buone.
Uran. Io son per indugiar per sino a sera
S’io non gli vado incontra;
Dio sia teco Nerino.
Ner. E teco o caro Uranio;
Dammi la mano: oh come mi rallegro
Subito, che ti miro, ed a ragione:
Perchè è soave cosa
La vista dell’amico;
Che ne vai lu facendo?
Uran. Io ti vidi da lungi, che venivi
Inverso questa parte,
Ed io mi son fermato a favellare
Con esso teco alquanto?
Ner. Hai tu da comandarmi alcuna cosa.
Tu sai, come io son presto
Ad ogni tuo servigio.
Uran. Io ben lo so; laonde
Non son per teco usar molte parole:
Solamente ti dico,
Che voglio che t’impieghi in beneficio
Del nostro buon Berillo
E tu devi sperare
Che sue molte ricchezze
Per li bisogni tuoi non saran vane.
Ner. La mia belia fortuna
Sarà cagion, Uranio,
Che le cortesie vostre io non rifiuti,
E pur senza speranza di mercede,
lo son per por la vita
Per servir a Berillo,
Or di’ che debbo io fare?
Uran. Hai da saper in prima, che Berillo
E forte innamorato
Di Gelopea figliaola di Melampo;
Or per questa fanciulla consumando
Ha fatto ciò che fanno
Tutto giorno gli amanti;
Ha sospirato, ha pianto,
Ed ha fatto preghiere,
E tutto ba fatto indarno;
Ultimamente vinto dall’amore
Egli s’offerse di sposarla; ed ella
Pure gli fu ritrosa;
Cercando, e ricercando le cagioni,
Onde costei fuggisse d’accettare
Ciò, ch’ella doverebbe
Aver per gran ventura,
Abbiamo conosciuto, ch’ella amava
Filebo, quel garzone
Fratel di Telaira,
Cugino di Torilla,
Ci fa dunque mestiere
Di romper quest’amore
E porre infra lor due
Disdegni, e gelosie,
Onde a Berillo s’apra alcuna strada
D’amicarsi costei.
Abbiam per tanto detto a Gelopea,
Che Filebo ha fermato in questa notte
Di ritrovarsi insieme
Con una Pastorella,
Or vogliam parimente, che si dica
A Filebo, sì come
Questa notte ha fermato Gelopea
Di ritrovarsi con alcun pastore;
E gliel dica per modo,
Ch’egli debba ascoltarlo
Non altrimente, che per cosa vera;
Or se tu ti disponi
Di porti a questa impresa,
Io la veggio condotta
A disïato fine;
E però te ne prego, e ti prometto,
Che non sei per sentir la carestia,
Che n’affligge quest’anno.
Ner. Uranio a dirti il vero è picciol cosa
Questa, che mi commetti
A fornir per Berillo, e son per dire,
Ch’è poca cosa ancora al mio valore.
Dormite di buon sonno,
Tutto ciò fie fornito
Anzi che’l Sol tramonti.
Uran. Odi, s’è fatto dir a Gelopea.
Che’l loco destinato a questi amori
È là presso del fiume
Nel fenile d’Alfeo;
Rammenta questo loco,
E contalo a Filebo; perchè certo
Andrà colà spiando;
E son securo, che per Gelopea
Non men vi fie mandato; e se per sorte
Filebo fie veduto in quelle parti,
Il sospetto è per fare
Alte radici in petto
Di quella giovinetta.
Ner. Favelli ottimamente.
Vanne a trovar Berillo, e fallo certo,
Ch’ei då me fic servito,
Uran. E tu come spacciato
Ta ti sia da Filebo, hai da trovarmi.
SCENA QUARTA
Nerino.
Se sì poca fatica,
E sì picciolo rischio
M’ha da fruttare il viver di quest’anno,
Sì come afferma Uranio,
Io non dirò giammai,
Che stagion quest’anno
Sia stata altro, che fertile. Io per certo
Per sì fatta mercede
Anderei prontamente ad ogni impresa.
Qui dove son mandato,
Che cosa ha di periglio
Narrare una bugia?
E cercar di piantarla
Dentro del seno d’uomo innamorato;
Oh fassi egli altra prova
Tutto giorno fra noi?