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304 POESIE

     Sarebbe acconcia stanza.
     Egli di qui non è molto lontano,
     Ed è nella capanna separato
     Da tutte le capanne.
Ber. Dunque sia questo il loco.
     Ma dimmi se sapendo
     Ciascuno d’essi il loco, s’inviasse
     Anco ciascuno in quella parte, e poi
     Non vedesse pastore, e pastorella
     Se non che loro stessi, non sarebbe
     Manifesto l’inganno?
Uran. E se questo avvenisse, avvenirebbe
     Il fin del mio pensiero;
     E quant’acqua è nel mar non laverebbe
     Ciascheduno di loro
     Nel giudizio dell’altro.
Ber. Orsù venga chi vuole, aiteremo
     Almeno noi medesmi. Io son securo
     Dell’opra d’Atalanta
     Con essa Gelopea; ma con Filebo?
Uran. Ho pensato a persona la migliore
     Per questi effetti, che sia nel paese.
     Ei saprà ben fare,
     E farà volentieri,
     Ch’egli è molto tenuto a compiacermi,
     Per molti giovamenti
     Da me già ricevuti.
Ber. Dunque tu sarai seco,
     Ed io con Atalanta; e per adesso
     Non vo’ ringraziarti:
     Nè questo è benefizio,
     Per cui ti debba solo render grazie."
Uran. Io ti sono obbligato di maniera,
     Che quando farò tutto
     Averò fatto nulla in tuo servizio.
Ber. Io me ne vado. Addio.

SCENA II

Uranio.

Alcun non può negare,
     Che per la giovinezza,
     Non sian condotti gli uomini ad errore,
     Che nell’età matura
     Essi stessi condannano, ne meno
     Si può negar, ch’Amore
     Col suo foco n’acciechi di maniera,
     Che non errare amando
     Sia somma meraviglia
     Amor quasi può dirsi un aratore;
     I buoi sono gli amanti;
     Or si come non possono non gire
     I buoi per quella parte
     Là, dove gli sospinga l’aratore,
     Così non può P amante
     Non andar colà, dove
     Amor vuol, ch’egli vada;
     E se l’Amor é cieco,
     Pensiamo per noi stessi qual cammino
     Si possa far securo
     Sotto la scorta sua;
     Ecco Berillo a che s’era condotto:
     Voleva uscir di casa,
     Voleva abbandonar questo bel colle
     Di cui sovente la superba falda
     Con onda pur di puro argento il mare
     Ligustico ne terge, e inonda, e bagna,
     Contristar suoi parenti,
     E forse di dolore
     Seppellir la vecchiezza
     Del padre e della Madre.
     Per si fatti dirupi il conduceva
     La mano dell’amore.
     lo spero col consiglio,
     E con l’arte pensata
     Trar la sua gioventù di questi rischi,
     Perchè o veramente ei sarà sposo
     Della sua Gelopea,
     Ovver con la lunghezza
     Del tempo, rallentando la sua fiamma
     Pentirassi d’amarla.
     L’amor de’ giovinetti
     È secondo il proverbio,
     Come il foco di paglia:
     Ei non dura gran tempo.
     Ma certamente in questo pensamento
     Venutomi nel core
     Berillo ha gran ventura,
     Che si trovi in paese una persona
     Di tanto accorgimento,
     Quanto ha Nerino; e che per sorte io sia
     Stato suo conoscente,
     Alcuna volta io stato son pentito
     D’aver seco amistade:
     Ma pur provo, che giova alcuna volta,
     Avere alcuna volta
     Amistà co’malvagi;
     E s’ei non è malvagio,
     Non ha malvagi il mondo:
     Ma quanto egli ha di reo,
     Egli ha tutto rinchiuso in mezzo al core.
     La lingua egli ha di mele, ed ha potuto
     Con essa, e co’ costumi simulati
     Fare inganno a ciascuno,
     Si quasi uomo santo è riputato:
     Ma questa santità faria per oro
     Ogni scelleratezza:
     Veggolo io, che ne viene
     È desso? o pur non è? certo egli è desso,
     Mi risparmia fatica
     Di girne in queste spiaggie ricercando.

SCENA TERZA

Nerino, Uranio.

Ner. Dicesi, che nell’anno
     È bella primavera:
     Ella bella è per certo:
     Ma, bella per coloro
     C’hanno stato, e fortuna da goderla.
Uran. Viensene giù pensoso:
     Già non stimo ch’ei pensi,
     Per lo ben di niuno.
Ner. Che giova a me che ’I Cielo
     Si fresco, sia sereno
     S’ho poi coperto il petto di scurezza.
     E se per povertate ho sempre mai
     Con marre, e con aratri
     Da riguardar sopra la terra in modo,