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300 POESIE


GELOPEA

FAVOLA BOSCHERECCIA


PERSONE DELLA FAVOLA.


Gelopea pastorella.

Licori fante di Gelopea.

Filebo innamorato di Gelopea.

Ergasto amico di Filebo.

Telaira sorella di Filebo.

Berillo innamorato di Gelopea.

Uranio amico di Berillo.

Nerino amico di Uranio.

La scena si finge in Promontorio, amenissimo luogo del sontuosissimo borgo di San Pietro d’Arena nella riviera di Genova.


ATTO PRIMO


SCENA PRIMA

Ergasto e Filebo.

Erg. Se condurti io volessi
     Al loco di fatica,
     Non arei meraviglia del rifiuto,
     Che tu me ne facesti;
     Ma io ti faccio invito
     Perché tu venga meco,
     A dilettarti nella più gran festa
     Ch’abbiano le campagne
     Del nostro Promontorio;
     A vedere una guerra,
     Che noi vogliamo far contra gli uccelli.
     Son fatte le capanne; è netta l’aja;
     Sono tese le reti;
     Ogni cosa apprestata:
     Oggi là tutto il fiore
     Noi vedrem raunarsi delle ville
     Della nostra Posevera.
     Saravvi il buon Menalca,
     Che nell’età canuta è si giocondo,
     E sempre ha sulla lingua
     Alcuna novelletta graziosa;
     Saravvi Alfesibeo,
     Che se in bocca riponsi
     Un picciolo fischietto empirà l’aria
     Di mille varie voci
     Naturali agli uccelli;
     Che più? Saravvi ancora
     Con la cetera dolce il buon Galicio,
     Con la cetera dolce, che si spesso
     Facci il letto lasciar per ascoltario,
     Tu sai, che quante volte
     Ei ne va trascorrendo,
     Per gli dolci silenzi della notte,
     Noi tutti volentieri
     Cangiamo la quiete
     Del sonno col piacer di quel bel suono.
     Or questo al tuo Segaro, e a me promesse
     Di farci udire un canto
     Novamente composto per lodare
     Le guancie d’Amarilli,
     Della qual fatto amante
     Ei ne va tulto in foco;
     A si fatte allegrezze non verranno
     Meno quelle allegrezze,
     Che ci danno i piacevoli conviti?
     Or volgi nella mente
     Che letizia fia quella?
     Che festa? che diletto?
     Noi miriamo sovente
     Abbandonar le case i cittadini
     Della gran figlia dell’antico Giano,
     E sofferire i gieli,
     E sofferire i venti,
     Per godere i piacer delle campagne,
     Or tu, come disprezzi
     Ne’ tuoi proprj paesi
     Questi stessi diletti a lor si cari?
     Forse che la stagione
     Non ci chiama a goder delle foreste?
     Alza un poco la fronte;
     Mira nel ciel se pur un nuvoletto
     Ove vi sai mirare.
     Egli è tutto cristalli;
     Egli è tutto zaffiri.
     Dammi la mano; andiam caro Filebo,
     Caro Filebo andiamo:
     Noi sarem colassù che la brigata
     Sarà raccolta in parte;
     Colassù dormiremo;
     Come sorga l’aurora e sorgeremo
     Anco noi parimente.
     Eh che mi par veder, ch’ella se n’esca
     Dalla porta del cielo
     Fra rose, e fra rugiade;
     Già parmi di sentir quell’aura fresca
     Quel fresco venticello,
     Che vista più gioconda
     Puoi sperar da qualunque pastorella?
     Io non son già canuto,
     E pur non so trovare,
     Che ritrovar tu possa nell’amore,
     Che tanto ti diletti,
     E tanto volentier li facci amare.
Fil. Ed io non son canuto:
     E pur non so trovare