E provar mia virtute,
Se bellissima Clori
Or non può rimirarmi?
O pena del mio cor tanto soave,
Che mi traggi dal petto,
Qualunque altro diletto,
Ritorna, omai, ritorna,
Che senza il tuo splendore
Il sol dell’alto ciel qui non aggiorna.
Alc. Abbominato strale
Ben fosti temprato
Da scellerata destra,
E con arte infernale.
Mel. Odo gridare Alcippo: io ben conosco
Dell’amico dolcissimo gli accenti,
Quale strana cagione oggi il conduce
A far questi lamenti?
Alc. O turbine mi porti in mezzo l’onde,
Ed ivi mi sommerga: o mi divori
Dente crudel di più terribil fera
O empio falmin m’avvampi, io già non posso.
Omai, salvo che in morte, esser felice,
Cotanto son vivendo
Misero, ed infelice.
Mel. Di lamentar non resta.
Pur dianzi il vidi lieto,
Qual passion fia questa?
Alc. Miserabilmente
Amata Meganira,
Colma di vero amor da’ patrj boschi
Movi a trovarmi tacita, romita,
Ed io per modo tal qui ti raccolgo,
Che ti tolgo la vita?
Ah pera il dì, ch’io nacqui, e la nudrice
Che pria mi strinse in fasce:
Pera il latte ch’io trassi
Fuor del materno seno
Perch’ei non fu veneno.
Mel. Non vo’ ch’ei stia più solo
O ricerchi conforto, o pur soccorso,
Seco a parte sarò d’ogni suo duolo,
O compagno, ed amico,
Perchè tante querele?
Perchè sì piangi, Alcippo?
Alc. Deh che favelli tu con esso Alcippo?
Io non son più colui,
A torto con tal nome altri mi chiama,
Son miserabil mostro,
Degno d’essere anciso
E più da chi mi ama.
Mel. Che sventura incontrasti
Dimmi, che sofferisti?
O pur che di crudele adoperasti?
Alc. Che di crudele adopro?
Puossi egli adoperar per destra umana
Cosa sì lagrimosa?
Sì terribil? sì ria?
Ho trafitto crudet la donna mia.
Mel. E cosa certa? o pure almen sospetto?
Deh raccontami appieno
Cotanta disventura, io certamente
Crederla mai non voglio,
Se non è ben secura:
Alc. Fosse egli, o Melibeo,
Fosse egli pur sospetto;
Ecco mira la benda.
Mel. Di cotesta tua benda io nulla intendo,
Hai raccolto nel core
Così fatto dolore,
Che l’interno concetto non dichiari,
Deh fammi pienamente manifesto
Tutto l’avvenimento
Di caso sì funesto.
Alc. Poi ch’io deggio morire ho gran conforto,
Che i duri affanni miei
A te siano palesi
Acciocchè tu li possa altrui ridire,
Onde i cortesi amanti
Vengano larghi a mie miserie estreme
Di ben dovuti pianti.
Già fui nelle contrade di Liconte,
Ivi amai Meganira,
Poi di cola partendo a lei fei dono
Di questo vel dorato,
Oggi ella essi condotta in queste piaggie
Sola celatamente a ritrovarmi,
Così m’ha fatto intendere Aretusa,
Io mossi a ricercarla, e capitai
Qui dentro a queste selve,
Che nate al mondo elle non fosser mai;
Era meco Logisto,.
Fratel di Meganira,
E mentre egli desira
Che d’un dardo incantato io faccia prova,
Tesi l’arco, e scoccai
Inverso un tronco in quegli sterpi chiuso,
Poi lo strale a raccor subito andai,
Vidi ivi sulla terra
Questa donata benda, e la conobbi,
Ed indi argomentai,
Esser la Ninfa mia quivi celata,
Onde di qui tolsi Logisto, e ratto
Son ritornato in queste macchie, ardendo
Quegli occhi rimirare, onde tutto arsi;
Lei non ho già mirato,
Ma ben di molto sangue
Ho veduto gli sterpi in terra sparsi;
Intendi il caso miserabile; ora
O Melibeo con le tue man m’uccidi,
O lascia ch’io mi scagli
Da qualche balza, e finalmente io mora.
Mel. Esser non può, ch’errino gli occhi tuoi,
Alcippo, in ravvisar cotesto velo?
Ale. Che dici, o Melibeo? ben creder puoi,
C’ho delle cose mie certa memoria.
Mel. Per avventura il vel, ch’a lei donasti
Ella perdè, forse ad altrui donollo,
Forse vago dell’oro
Alle sue belle mani altri rubollo.
Als. Chi come Meganira
Arde il vero amore
Sì mal non guarda gli amorosi pegni;
Per pietà, Melibeo,
Dici vane ragioni,
E la mia doglia consolar t’ingegni.
Mel. Ma se la trafiggesti?
Ove spariro le trafitte membra?
Morta dove è fuggita?
S’egli è pur verità, che l’impiagasti,
Forse ch’ella ferita
Si chiude entro l’albergo
De’ suoi più cari amici.