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296 POESIE

     Elessi il dipartire:
     Paventai suoi terribili secreti,
     Ella non s’opponendo
     Alle mie ferme voglie
     Così mi prese a dire:
     È dover, che partendo
     Porti con esso teco
     Cosa alcuna di me, che ti rammenti
     Come sei stato meco;
     E che dell’amor mio faccia memoria;
     Dunque piglia quest’arco
     E questa mia faretra;
     Di qui spera, Logisto, eterna gloria;
     Quadrel non scoccherai, che fuor di segno
     Posi giammai suo volo
     Si con studio il composi, e si vegghiai
     Nelle grandi arti mie, quando il temprai;
     Così fatto presente
     Ella mi fece, e non mi fece inganno,
     Che non mai tesi l’ammirabil arco
     Che secondo il desire
     Entro il segno proposto
     Nol vedessi ferire,
     Questo vo che diman nella gran festa
     Per te s’adopri, Alcippo.
Alc. Cosa di gran stupore
     Hai narrata Logisto, alla tua fede
     Parmi diritto accompagnar la mia,
     Ma stimerei bugia,
     Se questa veritate altri narrasse.
Log. Non creder di leggiero,
     Ecco nelle tue man gli strali, e l’arco,
     Or prendi a saettar qual segno vuoi,
     Così con gli stessi occhi
     Vedrai gli effetti suoi.
Alc. Per entro quelle macchie
     Vedi levarsi al ciel quella grand’elce?
     Il più sublime ramo
     Vo’ che vada a trovar questo quadrello.
Log. Non percotere in quello,
     Lieve prova sarebbe
     Ferir ciò che tu scorgi;
     Prendi la mira nel suo tronco ascoso
     Di tanti vepri, e vedi
     Se con giusta ragione
     A mie parole credi.
Alc. Eccomi ad ubbidirti
     Oh che volo! oh che suono!
     Un fulmine sembrò che l’aria fende,
     Spera indarno vittoria,
     Logisto, quello arciero,
     Che col signor di questo stral contende.
Log. Va per entro quel bosco,
     E ripiglia il quadrello,
     E guarda se percosse
     Là dove l’inviasti.
Alc. Attendetemi, io vado.
Log. A me via più son care
     Le corone d’Aleippo, e più desio,
     Che s’onori suo nome,
     Che non desiro che s’onori il mio.
Sel. Già mille arcieri hai vinto,
     Poco crescer di pregio;
     Ma bel pregio d’amore
     È coronar la fronte dell’amico
     Con corona d’onore.
Log. Ecco Alcippo pensoso,
     La grande meraviglia il rende muto.
     Che ritrovasti Alcippo?
     La mia lingua è fallace?
     O pur l’arco ha pigliato un novello uso?
     Onde per te si tace?
     Tu mi sembri confuso.
Alc. Ne tu, nè l’arco mente;
     Ciò che non mai pensai
     Veduto han gli occhi miei;
     Andiamo a ritrovar la nostra gente.


ATTO QUARTO


SCENA PRIMA

Alcippo.

Non sì tosto ho potuto
     Lasciar Logisto, e rimanermi solo,
     Che qui ne son venuto
     A farmi chiaro delle mie speranze;
     Dianzi entro queste macchie
     Raccogliendo lo stral, ch’avea provato,
     Io scorsi questo velo sulla terra:
     Raccolsilo, e compresi
     Esser lo stesso, che da lei partendoj
     Per la mia propria mano
     Ebbe la donna mia,
     Ecco rimiro pur quei propri fregi,
     Son questi certamente i doni miei;
     Di qui per certo credo,
     Che Meganira in questi boschi ascosa
     Attenda ora opportuna a’ suoi pensieri,
     Ma quali essi si sieno
     Divinar non saprei:
     Ne men so per qual modo
     Questo donato velo
     Sia partito da lei,
     Cercherolla quivi entro,
     E d’ogni cosa prenderò certezza,
     Occhi miei siate pronti
     Nel chiuso delle frondi
     A scorger quella amabile bellezza.

SCENA SECONDA

Melibeo, Alcippo, Meganira.

Mel. Oggi in queste contrade
     Ciascun prova sua forza, e s’avvalora,
     Ciascun rivede intento archi, e faretre,
     Bramoso di vittoria
     Ne gli onorati giochi
     Della seguente aurora:
     Ed io men vo solingo in questo monte
     Schivo di rimirar feste pompose
     Nè mi cal di corona,
     Che mio valor potessi pormi in fronte;
     A che peggio affannarmi,