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292 | POESIE |
Da fier cinghiali, e da terribili orsi;
Che più? col piè leggiadro ella per via
Ogni cervetta si lasciava a tergo
E creder fea, che sulle bionde spiche
Ita sarebbe, e sovra il mar spumante
Ed appena bagnate aria le piante;
Splendeva allor non meno in questo monte
Di nobiltate, e di bellezza Alcasto
Cacciatore infra gli Arcadi famoso
A meraviglia; egli col cor feroce
Fería leoni, ed ogni fier ruggio
Per solitario orror d’alta foresta
Era da lui cupidamente udito;
Così pari d’età, pari d’onore,
E pari di valor furono accesi
Di pari fiamma: era comun desire
De’ padri lor farli consorti, ed era
Omai vicina la giornata eletta;
Gioiva Arcadia, ed era tutta in festa,
Quando improvviso nuvolo di pianti
Ci ricoperse, e le bramate nozze
Rivolse in lutto e la cagion fu questa:
Aveva Alcasto un singolare amico
Detto Melampo; la beltà d’Hiante
Il distruggea, ma tenea chiuso il foco;
Questi veggendo nelle braccia altrui
La carissima Ninfa, empio pensiero
Fece per acquistar l’alta bellezza;
Ben è ver, ch’ogni legge Amor disprezza;
Egli Alcasto invitò, che seco a caccia
N’andasse incontra i lupi, e traviollo
Con molte frodi, fra remote balze
Lunge dall’altra turba; ivi cogliendo
E tempo, e loco insidïoso spinse
L’incauto amico in precipizio, e poscia
Alzò le strida, e dimandando aita
Tutti chiamava i cacciator seguaci,
E con bugiarde lagrime giurava
Voler uscir dall’odïosa vita;
Corse la fama dolorosa, e spense
In questi boschi ogni gioir, ma quante
Lagrime sparse, e come al ciel si dolse
Mal si potrebbe dir, la bella Hiante;
Si visse un tempo in queste angoscie, al fine
Manifesto Melampo il suo desire
Chiedendo Hiante per isposa; Hiante
Facea rifiuto; con Alcasto estinto
Non era estinta nel suo cor la fede;
Pur di Melampo i preghi, ed il consiglio
Forte d’ambo i parenti le piegaro
Il pensier saldo; dell’altrui volere,
Ella a sè fece legge, e suo mal grado
Volentier secondò l’altrui piacere;
Or quando delle nozze il dì vicino
Sen venne, fe’ vedersi alla sua donna
Il morto Alcasto repentinamente;
Apparvele dormendo in sul mattino
L’ombra dilacerata, e pienamente
Spiegò la froda del crudele amico;
Le braccia, a cui ti doni, in cotal guisa
Già mi conciaro: ah se l’amor fu vero,
Che mi mostrasti un tempo, ora contrasto
Fa di quell’empio a scellerati inganni;
Te ne scongiura il tuo fedele Alcasto;
Così le disse, e dispari; pensando
Stette la Ninfa in forse, e della vista
Tanto dolente, e dell’istoria atroce,
Ch’udita avea, ma sul mattin seguente
L’ombra medesma a lei mostrossi, e disse
Gli stessi avvenimenti, allor fermossi
Ben persuasa un gran pensier nel petto;
Pensò farsi di fede altero esempio,
E vendetta pigliar del suo diletto;
Si finse dunque lieta oltra l’usato;
E tra ninfe, e pastor scelse i più cari,
E tra i primi Melampo; indi con arco,
E con faretra se n’andaro a’ monti,
Ove Alcasto fu morto, ivi intra i gridi
Del comune piacere ella un quadrello
Pon sulla corda, e quando ogn’uno intento
Rimirava qual fera ella impiagasse
Con forte sdegno la saetta avventa
Contra Melampo, ei sulla ria ferita
Cadde supin tutto di sangue involto,
E tutti i cacciator tinsero il volto
Di meraviglia e di terrore; Hiante
Allor gioconda alzò la voce, e disse
Il tradimento occulto; e fe’ palese,
Perchè quello infedele ella trafisse,
Poi mosse il piede, e nelle chiuse selve
Tra monti inaccessibili si visse
A ciascuno invisibile; stimaro
Questo esempio d’amore i nostri antichi
Cotanto avanti, ch’a costei sacraro
Giorno giojoso rivolgendo l’anno;
Perchè qui si festeggi omai sapete,
Ma quanto ha seco di piacer la festa
Gli occhi vostri diman sel mireranno,
E così favellando
Nostro viaggio èssi condotto al fine;
Colà son le capanne
Della vostra Aretusa: or siate a Dio.
Log. A Dio Tirsi; felici
Sieno i tuoi giorni, e credi
Che’n tutto di servirti ho gran desio.
Tir. Io te ne rendo grazie.
Sel. Così ti dico anch’io;
Ma qui rinchiuso è l’uscio,
Ed al nostro picchiar nessun risponde.
Log. Andiam verso la piazza de’ pastori.
Colà vedrem gli amici.
Poscia qui torneremo, allor tornata
Forse la troveremo.
SCENA III
Meganira.
Se qui faran ritorno, a me conviene
Di qui far dipartita;
Non vo’, che per Logisto
S’intenda a caso la venuta mia,
Cercherò d’Aretusa, o pur d’Alcippo
Secretamente, se possibil fia;
E perchè possa entrar, lascio la porta
Nè aperta, nè chiusa;
Strano a pensar, che da principio Amore
Ci porge con piacer tanta speranza,
E che poi fra dolore
Per poco da sperar nulla n’avanza.