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del chiabrera | 277 |
Or su da’ ceppi se ne sorga, e franco
Ne’ nostri imperj il mio nemico seggia,
E perchè di desir non venga manco,
Me fatta infame, e discacciata ei veggia;
Altro avverrà, che trapassarmi il fianco,
E del mio sangue funestar la reggia,
E queste membra tra’ più fier dirupi
448Dare in pasto al digiun d’orsi e di lupi,
Mentre sì l’empia donna orribil freme,
L’infernal furia alla donzella in seno
Avventa fiamma d’Acheronte, e insieme
Degli angui, ond’arma il crin, stigio veneno.
Ratto quel mostro dalle parti estreme
Al cor le corre, e di furor l’ha pieno;
E l’agita feroce, e la confonde,
456Sicchè ardendo, e stridendo ella risponde:
Pera, pera il fellon, strazio e tormento
Non l’abbandoni, l’esecrabil pera:
Ma tranquillati tu, perchè ei sia spento,
Faronne al re mio debitor preghiera.
Indi il tergo rivolge, e in un momento
Trova il tiranno a rimirarsi fiera,
Lo sguardo ha sanguinoso, il crin disciolto,
464E di tartareo fiel verdeggia il volto.
Subito ch’ella appar, gran meraviglia
Del petto in fondo a quei baron discende,
E l’uno incontra l’altro. guardar piglia,
E ciascun cheto atrocità n’attende:
Ella al volto del re drizza le ciglia,
Ed a lui frettolosa il corso stende,
E fatta da vicin con fronte oscura,
472Così gli parla, oltre il dover, sicura:
Diamisi qui, se regio cor non mente,
Troncato il teschio del Battista, e s’ora
Meco d’esser leal tuo cor si pente,
Mai non sarò senza cordoglio un’ora.
Tanto l’aspra donzella. Il re dolente
Subito la sembianza discolora,
E china il guardo, e giù dal cor sospira,
480Ed in cose diverse il pensier gira.
Ma pur del rio Demon l’orribil arte,
E la fanciulla d’attristar timore,
E la fè data in così nobil parte,
Nel dubbio assalto gli sforzaro il core.
Quinci a se con la man chiama Grassarte,
Uom vil, ma sua viltà crebbe in onore;
Poi tra le regie guardie il re l’elesse:
488A costui, suo fedel, sua voglia espresse:
Vanne al Battista, ove prigion soggiorna,
Fa che ratto alla morte ivi ei si dia,
Ed a questa mia cara indi ritorna
Col teschio che di lui tanto desia:
Qui l’egra fronte di bei lumi adorna
Nuovo conforto alla donzella ria,
E dal giocondo sguardo ella balena,
496Sì nel riso del cor gli occhi serena.
CANTO TERZO
Ma dal guardo divin lunge non vanno
I furor empji delle furie inferne,
Ch’i prieghi iniqui, e del crudel tiranno
La fè giurata il sommo Dio discerne.
Dunque sull’ora del mortale affanno
Rivolge al suo fedel le ciglia eterne,
E che per poco amor non l’abbandona,
8Con la Corte superna egli ragiona.
Sovra quei cieli, il cui seren riluce
D’una sol fiamma alteramente adorno,
E sovra quel, che tutti lor conduce,
E tanti lumi a suo volere intorno,
Ampia, infinita è region di luce;
Luce, che dove Febo apporta il giorno
Più sulla terra sfavillante e puro
16N’andrebbe in paragon torbido e scuro.
Nè mai si scuote, o mai volubil rota
L’immensa piaggia di fulgor ripiena
Stabile tienla, inagitata, immota
Di sempiterni acciar salda catena:
Turbo non è, ch’ivi giammai percota,
Nè tenebroso nembo ivi balena,
Nè spiega per quei regni almi e divini
24Fiera cometa, e spaventosa i crini.
Ma su colonne d’ametisto e d’oro,
D’oro che più che il Sole aureo risplende,
Erto colà nel mezzo, almo lavoro,
Fulgidissimo tempio in alto ascende,
Piropi il tetto, e rilucea tra loro
Purpureo lampo, onde il rubin s’accende;
E dove il piè riponsi era splendore
32Di vario opalio, e di gran perle albóre.
Quindi fra spirti alle sue voglie intenti
Guarda il gran Dio la regïon stellante,
E i campi accesi e le procelle e i venti
E l’ima terra e l’oceán spumante;
Quindi a punir le scellerate genti
Versa nell’ire sue fiamma tonante,
Onde gli abissi, e di temenza estrema
40Ciascun mortale impallidisce e trema.
E quindi aprendo del suo cor l’interno,
Prese a narrar, come quegli empi al fondo
Calpesterà, ma che di pregio eterno
Il suo fedel risplenderà giocondo;
Ed all’alte parole il ciel superno
Tacque adorando, ed acchetossi il mondo,
S’acchetò l’aria, s’acchetò la terra,
48S’acchetò il mar, che la circonda e serra.
Abitator di queste eccelse sfere,
Alme, diss’egli, in me mirar beate,
Ben so, che di voi tutte ogni volere
Ha per termine sol mia volontate;
Pur vi vo’ disvelar come potere
Aggiano colaggiù voglie spietate,
Sì che contra il Battista oggi sia forte
56La man d’Erode, e lo condanni a morte.