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272 poesie


Di mille colpe e mille vizj vinto,
     Galilea fieramente occupa Erode,
     Ed ogni amor verso il fratello estinto,
     Di lui pur vivo ei la consorte gode:
     Ha costei di beltà pregio non finto,
     E vien di leggiadria non falsa lode;
     Pur a lei di più grazia êmpio il sembiante,
     176Perch’ella di più foco êmpia l’amante.

Quinci mai sempre dal suo volto ei pende,
     E con tal forza quei begli occhi ammira,
     Che ciò ch’ella una volta a bramar prende,
     Più che sua propria vita, egli desira.
     Fama per la Giudea le piume stende,
     E sonando per Siria si raggira,
     E tra cotanti popoli veloce,
     184Messaggiera del vero alza la voce.

Tutto ingrombrossi di disdegno il petto
     Giovanni, il gran nemico, onde ragiono;
     Che per altro il Battista anco vien detto,
     E di tal fama egli infiammossi al suono:
     Viensene del tiranno anzi al cospetto,
     E non consente all’amator perdono;
     Ma l’acerbe sue fiamme aspro corregge,
     192E contra il suo fallir spiega la legge.

In su quel punto ire diffonde estreme
     Entro il cor della donna aspra e sdegnosa,
     E nel fervido rege agito insieme,
     Confusa di furor, fiamma amorosa.
     Per voi qui di gioir non ha più speme;
     Vil uom vostri diletti offender osa?
     La Maestà real certo è schernita,
     200Se come scellerata altri l’addita.

In sì fatti pensier tanto infiammaro
     Per sè medesme le vaghezze crude,
     Che dentro Macheronte al fin fermaro
     Incatenata la sì gran Virtude;
     Ed or, che tolto al ciel lucido e chiaro,
     Come morto tra vivi ei si rinchiude:
     Provi, se sa con quel suo spirito ardente,
     208Da’ regni nostri allontanar la gente.

Non purgherà gli iniqui altrui costumi,
     I gran pregi del ciel non farà conti,
     Non scorgerà gli erranti, e dentro i fiumi
     Battezzator non laverà le fronti.
     Così tra fiamme, e tra tartarei fumi
     A’ negri spirti egli dicea; che pronti
     Alzaro stridi di furore interno,
     216Onde altamente rimugghiò l’Inferno.

Non suona si sull’arenose sponde,
     Quando per l’alto ciel vien che si sdegni,
     E porti guerra d’Anfitrite all’onde,
     Borea, signor degl’Iperborei regni;
     Come per l’ampio Inferno si diffonde
     Il confuso stridor de’ mostri indegni;
     Finchè col guardo, e colla destra espresse
     224Il crudo re, ch’ei favellar volesse.

Ratto ogni mostro allor per le mal nate
     Tombe d’Averno, regïon tremende,
     Premendo i gridi, e l’empie rabbie usate,
     Intento agli atti del gran mostro attende,
     E frenando per via l’onde infocate,
     Cheto Acheronte, e Flegetonte scende,
     E stan di Stige le scure acque immote,
     232Nè per l’Erebo immenso ombra si scuote.

Qual sull’aspra stagion che al Sole avversa,
     Mette a freno col gel l’onde correnti,
     Corron per l’aria d’atro orror cospersa,
     Orribili ad udir, fulmini ardenti;
     Tal per quei mondi sconsolati ei versa
     Alto rimbombo di temuti accenti,
     Sì prorompe tonando ogni suo detto
     240Dagli antri informi dell’orribil petto:

Non fia giammai, ch’eterna gloria io neghi
     Al chiaro oprar di vostra gran virtute,
     Poichè è ver che sì pronta ella s’impieghi
     Del mondo contro l’immortal salute:
     Or le penne ciascun per l’aria spieghi,
     Nè s’incontri sudor che si rifiute,
     Perchè gli uomini avvampi empio desio,
     248E spargan ciechi il Creator d’obblio.

Dell’altezza del ciel son fatti degni,
     Nostro antico soggiorno; ah rimembranza!
     Onde ciascun s’innaspri, onde si sdegni,
     Onde infiammi ciascun sua gran possanza:
     Popolo onnipotente, a’ vostri regni
     Per questa sola via pregio s’avanza,
     Rapir, predar l’anime umane, e trarle
     256Nel centro in fiamma atroce, e tormentarle.

Che se per gran destin foste costretti
     Gli eterei campi abbandonare allora,
     Ora è gloria di voi fargli negletti,
     Fargli deserti, impoverirgli ogn’ora:
     All’altezza del ciel gli uomini eletti?
     Nell’altezza del ciel faran dimora?
     Un sì fatto pensier non vi tormenta?
     264Ah, per vostra virtù, non si consenta.

Sudate all’opra: ogni mortale appieno
     Essere iniquo per vostr’arte impari;
     Di tetra invidia loro empiete il seno,
     Fategli inghiottitor, fategli avari:
     Lascino sciolto all’avarizia il freno,
     Incontra l’ira lor non sian ripari;
     E dentro incendio di dannato amore,
     272E d’infame lussuria arda ogni core.

E tu fedel, per le cui man si spinse
     Quel gran Battista alla prigione oscura,
     Fa si ch’ei pera, e chi colà lo strinse,
     L’estingua ancor, tosto che puoi, procura:
     Sai, ch’Esaia, che Geremia s’estinse,
     Nè provò Zaccaria men rea ventura;
     Gli esempj il tuo furor rendan più forte:
     280Il vero strazio de’ nemici è morte.

Tal comandava, e d’ogn’intorno ha stese
     Per mille bocche abbominati orrori;
     Lezzo mortal, nubi di pece accese,
     Zolfi infocati, e tenebrati ardori;
     Poi trascorrendo a raddoppiare ei prese
     Sull’alme, ivi sommerse, aspri dolori,
     Sforzando i mostri a rinforzar su gli empi
     288L’alte miserie, e gli ineffabil scempi.

Ma degl’iniqui il numeroso stuolo,
     Scelto per guerreggiar gli egri mortali,
     Sorge nel mondo, e l’uno e l’altro polo
     Cercando vanno, eccitator de’ mali:
     Quali veggiam, s’Austro dispiega il volo,
     Trascorrer nubi tenebrose, tali
     Tetre le squadre scellerate e rie
     296Van trasvolando per l’eteree vie.