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del chiabrera | 263 |
Oggi, o Riccardo, a me venir t’incresca:
Puoi con la forza del sublime ingegno
Mandarne voto il rio nocchier di Dite,
E le cime salir del buon Permesso,
10Là, dove lunge dalla volgar gente
Tratti la cetra del gran Febo istesso:
Che diremo oggidì, quando si volge
Secolo a riguardar tanto dolente?
Quando si nega, e si sottragge a’ templi
15Il lor tributo, e ne’ fraterni petti
Le vive fiamme dell’amor son spente?
Quando di Bacco e di lussuria esempi
Sorgono strani, ed al vicin periglio,
Onde minaccia formidabil Marte,
20Non è chi sappi rivoltar la mente?
Ecco ogni suo quadrel farsi vermiglio,
E spender tutte in noi le sue faretre
Giura Ottomano; e nel cristiano Impero
Solo Discordia i regii cor governa;
25E dagli abissi rei sorta Megera
Fassi nodrice d’eresia germana
Con empio tosco di mammella inferna.
Certo il tenor di così torbidi anni
Per dire io son, che la bontate eterna
30Ha tutto in ira, onde le nostre colpe
Vuole punire, ed adeguar co’ danni;
Ma, che io nol dica, mi ritiene il lampo,
Che nell’ampio Milan pur dianzi apparve
D’ogni virtute, Uomo diletto al Cielo,
35E che il Ciel dienne nell’oprar salute,
Chiaro per sangue, e di cento avi illustri
Unico erede non prezzò ricchezza,
Che l’aggravasse per l’etereo calle.
Dicalo Roma, che in sovrana altezza
40Lo scorse dar sul Vatican le leggi,
Quando al gran zio tutti atterrati i regi
Porgeano baci alle sacrate piante.
O meraviglia! di cotanti onori
Potrò giovine far tanti dispregi.
45Poi l’alma Insubria per ben lunga etate
Seppe sempre mirarne esempi e pregi.
Città fondata su montagna eccelsa
Non può celarsi: ciascun’alma il vide
Spandere immensi d’eloquenza fiumi,
50Or dolce incoronando altrui virtute,
Ora tonando sovra i rei costumi.
Nè valse d’alcun scettro ira superba
Isbigottirlo, o l’arrestò per via
Feroce orgoglio: ei sfavillando in zelo
55Contra ogni tempestar si fece scoglio.
Nè men veloce per lontan sentiero
Usò mostrarsi alla diletta greggia,
Da Dio commessa alla sua nobil fede.
Insuperabile alpe al bel pensiero
60Non diè spavento, nè gonfiò torrente,
Che con sue spume gli frenasse il piede;
Anzi quando dall’alto umide stelle
Versavan pioggia, e sotto il fier Centauro
Le piagge Febo ricopria di gelo,
65A lui, di vivo amor gran peregrino,
Rassembrava per via tepido il cielo:
E se mai col Leon spandeva lampi
Il Sol di foco, egli non men che all’aure,
Compagne fresche della bionda Aurora,
70Correva i campi: e qual trovò digiuno,
A cui di sovvenir fosse mai stanco?
E quale afflitto, a cui d’uman conforto
Venisse manco? o ne i moderni tempi
Antico specchio, onde ciascun s’emendi.
75Lingua non fia, che in celebrar tuoi merti
Non s’affatichi, e non sia spirto al mondo,
Che non canti le palme, onde t’adorni:
Ma chi ti spregia, ne’ sulfurei gorghi
Caschi tra fiamme, e degli abissi in fondo,
80Tetre caverne: ivi bestemmi e latri
L’empio Lutero, e fra tormenti orrendi
Faccia alto risonar gli alti baratri,
Empio, che stigia nube a’ cor divoti
Parlando asperse, e contra il ciel converso
85Osò negare a’ sacrosanti Spirti
Fumi d’incenso, inni di gloria, e voti.
Ma noi per calle a quei sentieri avverso
Volgiamo i passi, e di bei fior ghirlande
Ognor tessiamo a’ tuoi novelli altari,
90Supplicando al tuo nome inclito e grande.
Or mentre umili, e con le menti inchine
Alziam fervide voci a tua virtute,
Tu glorïoso, e fra le stelle accolto,
Impetrane quaggiù grazie divine.
IX
PER S. MARGHERITA
ALL’ECCELLENTISSIMA
D. MARGARITA MADRUCCI
DUCHESSA ALTEMPS.
Se dell’alma Donzella, onde t’appelli
O nobil Donna, ami ascoltare i pregi,
Come detta ragione, i versi miei,
Per sè medesmi vili, a te fian chiari,
5Poichè prendono a dirti i suoi trofei:
Per certo all’alto, e tuo gentile ingegno
Men chiara e men soave rimembranza
Sarebbe canto di sentirsi indegno:
Non è per te di popolar Parnaso
10Volgar soggetto, una virtute eccelsa,
D’uno eterno valor fulgido specchio,
E del Cielo un trionfo è tuo diletto:
Nè con nome diverso ha da chiamarsi
Di Margarita il fier contrasto in terra,
15Quando pur col morir sorse alla vita.
Ella fermò la mente, e fe’ pregarsi
D’amore indarno; lo sfrenato orgoglio
Dell’iniquo Tiranno ebbe in dispregio,
E contra il minacciar mostrossi scoglio:
20E ciò fu sul fiorir di gioventute,
Allor che il mondo rimirar non suole
Splender virtute. Come tigre Ircana
Sul nido depredato orribil freme,
Fremea del fiero Olibrio il cor superbo;
25Nè potendo espugnar l’alma costante
Della vergine bella, in ira sorse,
E recossi a vergogna essere amante.
Spirto, che dell’inferno ode la voce,
Sempre a’ comandi di ragione è sordo.
30Quinci sentenza divulgò feroce
Olibrio, e condannò la fresca etate
Della Donna innocente a fier martiri.