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262 poesie

30Con asta infesta il buon figliuol d’Isai,
Con perverso pensier prese consiglio
D’averlo in forza; e disfogar suo sdegno
Pur con lo strazio della nobil vita:
E però chiama un de’ suoi Duci, e poscia
35Con altiere parole a lui comanda:
Prendi una squadra di fedeli; e cerchia
L’usato albergo del figliuol d’Isai,
E come parta l’ombra della notte,
Fa, che tu lo conduca al mio cospetto.
40Più Saul non diceva: il Duce allora
Inchino adora la reale altezza,
Indi fa dipartita, e si provede
Di schiera eletta, e pone guardia agli usci
Dell’usata magion del buon Davitte.
45Quale il villan, cui della fertil chioccia
Involossi la picciola famiglia
Da volpe insidïosa, ed ei non ode
Sonar pi, pi, come solea, per l’aja,
Ponsi in agguato; se gli avvien, che trovi
50Il chiuso albergo dell’odiata ladra,
Ordina assedio, e cauto serra i varchi
A quello insuperabil scaltrimento;
A tal sembianza dal real ministro
Davitte forte si steccò. Micole,
55Micole bella, e del consorte amante,
Ne raccolse sospetto, udendo d’arme
Qualche stropiccio, e bisbigliare armati:
Spiò da varie parti, al fin conobbe
Di Davitte il periglio, e d’alto affanno
60Tutta percossa ritrovollo, e disse:
O del mio letto, e de’ pensier compagno,
Dammi l’orecchio, e meco pensa attento,
Come schermirti da mortali rischi
Omai presenti: il padre mio non resta
65Dal preso sdegno, e tuttavia s’invoglia
D’averti in forza, e del tuo sangue ha sete.
Ho visto colaggiù d’armata gente
Folto drappel, che a nostre porte intorno
Stassi vegghiando; e se per l’ombra oscura
70Ratto non prendi fuga, e non t’involi,
Certo nulla sarà di tua salute:
A me dentro dal petto il cor vien meno,
Solo in pensar di te: l’alta possanza
Del gran Dio d’Abraam cangi consiglio
75Nel re mio padre, ed a pietate il pieghi;
Io certamente a lui davanti in terra
M’abbatterei, gli darei baci a’ piedi
Dimessamente, e giù dal cor profondo
Farei per lo tuo scampo alte preghiere:
80Ma qual speranza? ha di dïaspro il core,
Nè dipartirsi vuol da crudeltate:
Gionata già si mosse, mise in prova
Quanta ha vero figliuol di tenerezza
Con l’orecchie paterne, e fece un fonte
85Di pianto gli occhi, e ne cosparse il petto,
E pur nulla impetrò; dunque rimanti
Per soccorso trovar la lontananza;
Però vien meco, e proverai di quinci
Calarti giù per la finestra al piano,
90E spaziar per la campagna, e porti
In sicura cittate a tuo talento:
Io ben mel so; già ne son certa; io sento
Le grida omai dell’adirato padre,
Odo gli oltraggi, e le minacce ascolto
95Di furor colme, e le sembianze miro
Andar tutte avvampate in fuoco d’ira:
Ma non che sian possenti i suoi disdegni
A far che verso te vegna crudele;
Io nol vorrò; s’ei mi sbranasse, e pasto
100Ei mi facesse di rapaci fere.
Così dicea la damigella, e mesta
Dava fervidi baci al caro sposo
Con leali d’amor distruggimenti;
Cui, sparso il volto d’amoroso foco,
105Diede risposta il buon figliuol d’Isai:
O non men chiara a trapassar, che Lia,
E che Rachele, alla futura etate,
Specchio d’amor, specchio di fede, accetto
Di buon grado, o Micole, i tuoi consigli;
110Io fuggirommi, io sottrarrommi all’ira
Del tuo fier genitor, che mi persegue:
Ma non per tanto d’Israelle io chiamo
Il Dio si grande, e fedelmente io giuro,
Che mai nel petto mio pensier non sorse,
115Ne dalla bocca mi volò parola,
Che del re nostro meritasse l’ira:
Certo è così; ma chi creò le stelle,
Chi diede moto al ciel, chi lo governa
Vorrà termine porre a’ nostri affanni,
120Quando che sia; quinci sereni i giorni
Volgeransi per noi, sicchè felici
Ancor potremo rivederci: intanto
Faran l’anime nostre i lor viaggi,
E disacerberan la lontananza
125In qualche parte. Sì dicendo abbraccia
La cara donna, e la si stringe al petto,
E le sparge di baci ambe le gote
Teneramente: alla per fin trovaro
Canape bene attorto; e fortemente
130Legaro un capo alla finestra, e l’altro
Fecer che discendesse infino a terra.
A questo diede mano il buon Davitte,
Poi fuor della finestra ei si sospinse,
Ed appoggiando al muro ambe le piante,
135A passo a passo si conduce al piano,
Ivi dall’alta donna ei s’accommiata
Con bassa voce, e poi si mette in via;
Ed ella fin che le bastò lo sguardo,
Fisso lo seguitava; e quando sparve,
140Sollecita levando inverso il cielo
Umidi gli occhi, ambe le palme giunge,
E dallo in guardia al Regnator superno
Con forza ardente di divoti prieghi.
Ne fur preda di venti, o dentro il mare
145Giacquer sommersi; anzi il figlinol d’Isai
Franco pervenne al singolar cospetto
Del sacro Samuele entro Ramata:
E valse ad aspettar l’altiero scettro,
Cui destinollo il gran Monarca eterno.

VIII

PER S. CARLO BORROMEO

AL SIG. BENEDETTO RICCARDI.

     Non perchè sempre con gli spirti intenti
La man tu porga alle Peonie carte,
Acciò la fama di Liguria cresca,
E con lo studio, onde famosa è Coo,
5Ognor allunghi il fil dell’altrui vite,