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260 poesie

Pendea la spada: il fiero acciar lucente
55Era rinchiuso in candido elefante,
Merce dell’India; e quello avorio intorno
Avea gran fregi d’ametisti e d’oro;
Ma l’else avean fra l’ôr vivi Smeraldi,
Ed aurea testa di leone Ircano,
60Forte crinita, era del pomo in vece;
Tra l’auree labbra di piropo i denti
Vibra feroci, e nelle ciglia irsute
Vivace di rubin foco fiammeggia.
Cotale usci fuor delle tende; poscia
65A se chiamato Otoniel, gli disse:
Arma tua squadra, indi colà t’invia,
Dove in chiusa caverna stan nascosti
Gli empi tiranni delle turbe oppresse,
E qui gli mena. Otoniele inchina
70Il sommo Duce, e per la via commessa
Alla chiusa spelonca affretta l’orme.
Ma Giosuè de’ cavalieri aduna
Le schiere armate, e con celesti note
Verso lor taciturni alto ragiona:
75Quel che a’ vostri avi, al dipartir d’Egitto
Per bocca di Mosè, l’Onnipotente
Avea promesso, o fortunati Ebrei,
Ecco adempiuto, e stabilito in parte:
I vostri piedi oltra il Giordan son fermi;
80Per voi stampansi l’orme in quella terra,
Che di latte e di mel terra può dirsi;
Dunque d’amore, e d’umiltate ardenti
Il Dio lodate d’Abraamo, e ferma
Tenete verso lui vostra speranza:
85Con che valor la sempiterna destra
A vostro scampo ei commovesse, aperta
Prova farà di Gericonte il pianto;
E voi pur dianzi rimiraste in campo
Ohamo il re d’Ebrone, e’l re Giaffia,
90Che signoreggia in Lachi, e’l fier Feramo,
Signor di Gerimoto; e’l rio Dabira,
Rettor d’Eglone, e l’orrido Adoniso,
Ch’è di Gerasalemme empio tiranno:
Di costor l’arme, ed i guerrieri uccisi
95Per vostra mano, ha Dio lasciati in terra
Esca di cani e di rapaci augelli,
Or di loro tiranni il vostro sguardo
Vedrà tronca la vita, e voi securi
De’ regni lor rimanerete eredi,
100Siccome ha l’alto Dio fermato in cielo.
Cosi dicea, quando co’fier tiranni,
Di guardia cinti, Otoniele apparve:
Mesti lo sguardo, e pallidi il sembiante
Venian pensosi; e Giosuè comanda,
105Che ciascun Duce Ebreo (lungo tormento)
Col piè calpesti a que’ superbi il tergo,
Indi verso gli eserciti favella:
Chi dianzi in arme servitute e morte
Vi minacciava, eccogli stesi in terra
110Sotto il piè vostro, or confermate il core;
Cotal sempre non meno ogni tiranno
Daravvi in forza il regnator celeste.
Come in tal modo ha favellato, impone,
Che tratti i prigionier gli sian davanti;
115Poi come gli ha d’appresso il guardo affisa
Ne’ lor sembianti, dalla fronte al piede
Gli va spiando tacito e pensoso;
Al fin sospinto da furor celeste
La spada impugna fulminoso, e fere
120Al fiero re di Gerimoto il petto:
Frange l’acuto acciar la carne, e frange
L’ossa, e s’immerge nel polmon ventoso;
Subito crolla, e le ginocchia ei piega
Impallidito, e palpitando a terra
125Va sulla piaga; ivi di sangue un rivo,
Mentre che fra singhiozzi ampio diffonde,
Sonno di ferro a lui volò ne gli occhi,
E di tenebra eterna il ricoperse.
Quando del rege Ebreo l’ira riguarda
130Dabira, allor di sè medesmo in forse
S’atterra lagrimoso, e giunge insieme
Le palme, e forte sospirando il prega:
O caro al Cielo, ed al gran Dio diletto,
Guerrier sublime, omai ciascun sel vede,
135Che sei solo Signor di nostra vita:
Or perchè dunque vincitore in guerra
Le tue vittorie, e le tue palme eccelse
Vuoi col sangue macchiar degl’infelici?
Noi non armammo nostre genti, in campo
140Noi non uscimmo d’alcuno odio accesi
Contra di te, poseci il ferro in mano
Comun disio di conservarci il regno,
Del quale or privi ti preghiamo almeno,
Per tua pietate, non ci trarre a morte:
145Rammenta il mondo instabile, rimira
Il corso incerto di fortuna; dianzi
Noi regnavamo, ed al girar d’un ciglio
Ci s’inchinava popolo infinito;
Or fatti servi ti piagniamo a’ piedi:
150È forse ver, ch’hai teco il padre antico,
Che ’l lango affanno dell’età consola
Con la tua gloria: or per la sua salute,
Per gli anni suoi canuti io ti scongiuro,
Per l’amor della nobile consorte;
155Se’l Ciel benigno il suo favor presente
Alla famiglia tua conservi intero;
Se fortunati, e del tuo regno eredi
In pace i figli tuoi serrino gli occhi
A te già stanco di regnar, ti caglia
160Di questi preghi. Ei si dicea piangendo,
A cui rispose il vincitore Ebreo:
Rammento il corso di fortuna incerto;
Rimiro il mondo instabile, ma quando
Usurpator delle provincie altrui
165Regnavate terribili ed ingiusti,
Non avea corso di fortuna incerto,
Non avea mondo instabile, non Dio
Era nel ciel che giudicasse altrui:
Ora egli vuol mostrar come è caduca
170Sotto il suo braccio ogni real possanza.
Cosi dicea: con la sinistra in tanto
Il crin gli afferra, e gli ripiega il collo,
E con la destra gli sospinge il ferro
Giù per entro la gola infino all’else.
175Allor scannato la cervice ei piega,
Sicché la nuca gli percuote il tergo;
Indi trabocca in sulla polve, e sgorga
Tepido sangue; e fra gelato orrore
L’anima se n’andò per l’ampia piaga,
180Non però di pallor tinto i sembianti.
Ma contro il grave risco il re di Lachi
Con saldissima voce a parlar prese:
Ne lagrimarmi, nè caderti a’ piedi
Tu mi vedrai, nè spargerò sospiri,
185Che l’esser nato re nol mi consente;