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254 POESIE

Tempio a lui s’ergerà fino alle nubi:
A lui non pur divota Italia, e Roma
Vêr me conversa, ma l’Esperia terra,
95Ma là ’ve Borea il cielo empie di ghiaccio,
Ma gl’Indi ardenti infiammeranno incensi:
Anzi trovando calle oltra Occidente
Per mondo ignoto, le provincie ignote
All’alta soglia tributarie andranno:
100Colaggiù volgeransi ambe le chiavi
D’ogni salute, e s’accompagna indarno
Con esso me, s’altri la Sede sprezza,
Che fia nel Vatican per lui fermata.
Così lieto diceva: indi rivolse
105Sotto il ciglio immortale il guardo eterno
Al campo ardente de’ beati spirti:
Milizia eccelsa, che ne’ cenni intenta
Sta del Tonante, e vigilando attende
Pronta agl’incontrastabili comandi;
110O se dall’alto ciel scender convegna
Sull’ima terra, e degli abissi in fondo
Fidi messaggi, o se vestendo l’armi
Arder negli elmi, e negli eterei usberghi,
E forte soggiogar l’inique genti
115Intanto in alma pace alzano canti
Giojosi, e del gran Dio cantano i pregi
Fra schiere alterne: alto risuona intorno
Delle celesti piagge il bel sereno,
E gli aurei cerchi delle stelle, ed alto
120Scosso rimbomba il luminoso Olimpo.
Tra questi immensi eserciti superni
A sè Dio chiama il buon Michele, e dice:
Fedel ministro, e dell’eterea corte,
Così già volli, non ignobil parte,
125Scendi là ’ve tra ferri in cieco orrore
Pietro è rinchiuso, e pria che sorga il giorno
Per te disciolto ei si ritorni a’ suoi.
Tacquesi a tanto, e ’l buon Michele adombra
Gli omeri eterni di veloci piume,
130E per lo mezzo delle fiamme erranti
Luminoso trasvola, indi rischiara
D’almo splendor le tenebrose nubi.
Come se schifo di poggiar sublime,
Ver l’onda di Caïstro il corso inchina
135Candido cigno, ora battendo alterna
L’ali di neve, ora adeguando il volo,
Fende la vana regïon dell’aure,
E dal ciel rapidissimo si piomba;
Così veloce il messaggier divino
140Entro l’aereo pelago sen varca:
E già dall’Oceán, bruna le piume,
Uscìa la notte ad offuscare il mondo,
Quando Michel Gerusalem rimira:
Allor misura il volo, e poichè folta
145Dal mezzo del cammin distende l’ombra,
Ei giù volando alla prigion discende,
E luminoso vi trapassa: avvolti
In forte sonno i fier custodi allora
Giacean distesi, e per le nari sparso
150Sonar s’udiva il faticato spirto:
Ne men dalla stagione, e dal rio peso
Vinto de’ ferri il prigionier beato
Chiudea le ciglia, e tranquillava il core;
Ma con la destra man ’ alto Messaggio
155Gli scuote il fianco, ed a quel sonno il toglie,
E poi dice vêr lui Sorgi veloce.
A questi detti dalle man di Pietro
Caddero i ferri, e l’Angelo soggiunse:
Succingi rattamente il fianco, e vesti
160L’ignude piante; e Pier non ode indarno:
Al fin disse Michel: piglia tuo manto,
E vienne meco. Ed egli allora il segue:
Sì dietro l’orme Angeliche sicuro
De’ custodi primier varca fra l’armi,
165E de’ secondi, ed alla porta aggiunge,
Che d’alto ferro la città difende:
Ella al passar di lor ratto s’aperse,
Ed essi entraro, e poichè spazio alquanto
Michel di via col prigionier trascorse,
170Ritornandosi al ciel subito sparve.
Ma Pietro inverso Dio leva le palme,
E con fervido cor seco ragiona:
Or sì conosco io ben, che dalle stelle
Angelo venne a liberarmi, e vano
175Lascionne in terra il rio furor d’Erode.
Così dicendo per la notte oscura
Alla magion de’ suoi lieto ritorna.

III

IL LEONE DI DAVID.

     Deh scendi in riva al Galileo Giordano,
Celeste Musa, e meco narra, come
David togliesse al fier leon la vita,
Quando in val di Betlem pascea la greggia:
5Omai troppo sovente il mondo intese
Favola dirsi del figliuol d’Alcmena,
Or per noi senta di più vero Alcide.
Già rugiadosa d’Orïente al varco
Con le dita di rose apriva il cielo
10L’alba, chiamando a sue fatiche il mondo,
Quando il buon figlio del canuto Isai
Le giovinette membra al sonno tolse,
E per uscir co’ mansueti armenti
Guernisce il dosso delle usate spoglie.
15Ei di lini tessuti in prima copre
La molle carne, e poi su lor succinge
Lana di Tiro, che al ginocchio aggiunge,
Nè col purpureo lembo oltra discende;
Poscia rilega, e di sua man circonda
20Candido panno alle nervose gambe,
E di cuojo durissimo difende
Da duri dumi le veloci piante;
Ma per difesa della nobil testa
Ei di lupo cervier tutti copriva,
25Forte cappel, gl’innanellati crini:
E quasi armar volesse il regio busto,
Contra gelido ciel si stende intorno
Irsuta pelle di terribil orso,
L’orribili unghie di grande ôr distinta,
30Per tal modo vestito in man ripiglia
Serica fionda, e sulla spalla appende,
Peso caro e gentile, arpa sonora:
Dal chiuso albergo al fin le gregge invia
Per la foresta, e sulla verde erbetta
35Guida i lor passi lenti, ove è più viva
La ragiada dolcissima notturna;
E mentre a suo diletto il prato pasce
Fra l’aure dolci il mansueto armente,
Mira David d’una grand’elce i rami
40Carchi d’augei, che per diversi modi
Faceano versi a salutar l’aurora.