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214 | poesie |
E ciò che ivi facesse, a dirsi è lungo,
E l’ora del morir nol mi consente.
Vero è che in Francia Ferraù l’ancise;
120L’asta de’ Paladin rimase in forza;
Ma Rabicano a Galafron sen venne.
Ei paventando, che guerrier di Carlo
Reggesse il morso a corridor sì degno,
Qui fermò per sua guardia il mio valore:
125Io lungo tempo hollo difeso, e molti
Di molti regni cavalieri estinsi;
Tu qui sei giunto, e me di vita hai privo,
Te poscia alcun ne priverà non meno;
Uso di guerra. Ei sì diceva, e Morte
130Metteva in fuga i palpitanti spirti
Per le gran membra impallidite, ed ombra
Di lunga notte si stendea su gli occhi
Ripieni dianzi d’oltraggioso orgoglio,
Ma sfavillando lietamente il guardo
135D’Amone il figlio a Rabican s’invia,
E stringe colla destra il fren dorato,
E ne’ dorati arcion d’un legger salto
Sedendo, serra le ginocchia: allora
Tutto focoso il corridor si move,
140E non che suoni la dur’unghia in terra,
Ma non segna d’un’orma il prato erboso,
E va veloce come strale alato,
Che lascia di sè voto arco di Scita.
Un sì fatto destriero io ti desiro,
145Nobil Durazzo, se mai forte in giostra
Adeschi i guardi di gentil donzella,
E via più quando maturando gli anni
Moverai, messaggier del gran Senato,
Verso le fronti coronate, ed ivi
150A tua voglia trarrai gli altrui pensieri
Con bel torrente di nettarei detti.
L’ERMINIA
AL SIG. FRANCESCO BALDI.
O bella, o della lira alma custode,
Nemica dell’obblío, regina Euterpe,
Di’ l’amorosa fè del buon Tancredi
Ver la sua donna indegnamente uccisa,
5E quella incontra Amor salda promessa,
Di che dolente sè medesma offerse
Erminia disperando a dura morte.
Queste memorie verseran nell’alma
(Candida in ver vie più che neve alpina)
10Del tuo nobile Baldi alma dolcezza;
E quinci ei forse tornerà sovente
Ad ascoltar della sacrata istoria,
Che tutta aspersa di nettaree rime
Oggi l’orecchie, i cor tanto lusinga.
15O venturoso, o avventuroso il Cigno,
Che sull’ali possenti ha corsi i gioghi
O del Carmelo, o del Sionne eccelsi;
Anzi pur, siccome Aquila sicura
Dell’avverso tonar, spiega le piume
20Per entro i nembi, e all’aureo Febo appresso,
E sotto lascia ogni mortal sentiero.
Io non così, non cotanto oso, o Diva:
Io non le palme del guerrier sublime,
Non l’aria tinta intra le Sirie squadre
25Del real sangue; d’amoroso affanno
Picciol canto a raccontar m’appresso,
Se de’ soccorsi tuoi non mi diffidi.
Poiché a Gerusalem scorsi rimira
I gioghi acerbi, e del Tiranno ingiusto
30La vita estinta, e le seguaci turbe
Dentro scura prigion rinchiuse, o morte,
Goffredo umil della vittoria altera
Sciogliea l’inclito voto, e nudi i crini
D’ogni corona, discendea sovente
35I sassi ad adorar della gran tomba.
Gli altri guerrier, non già le man sanguigne,
Correan l’alma città fatti bramosi
Di dar le vele in ver la patria, ed ivi
Giojosi di mostrar le belle piaghe.
40Sol del mesto Tancredi il petto, e ’l volto
Ne’ comuni trionfi era dolente:
Egli il busto feroce in negre spoglie
Chiudeva, e del cimier tolte le piume,
Elmo vestiva rugginoso, e bruno
45L’else cingea dell’onorata spada.
Cotal movea solingo o che sorgesse,
O che nell’Ocean chiudesse il giorno,
Là ’ve giacea la male amata amica.
Ivi mirando un dì gli usberghi appesi,
50Mesta memoria, e lo spezzato scudo,
De’ quali armossi in van l’alta guerriera,
Fermò lo sguardo, e giù nel cor profondo
Mille girò crudi pensieri, e poscia
Percosse il petto, e così disse al fine:
55O te, non pur ne’ regni dell’Aurora,
Ma nel nostro Occidente anco beata,
A gran ragione in te già farmi esempio
Dovea di pianto, e non venire al mondo;
Ma poscia che or nel ciel lieta e sicura
60Al fonte bevi di mercede, infiammi
Tuo nobil cor per me qualche pietade:
Spirami tu, come quaggiuso in terra
Viver possa i miei dì, che a te non spiaccia.
Io bene a te verrei; ben della morte
65Mi sarebbe dolcissima la piaga;
Ma se con lunga pena esser qui deve
Lunga mia vita, e s’io, che tanto il bramo,
Devo al bel guardo tuo ritornar tardi,
Non disdegnar, che tuo fedel mi dica
70Nell’alma Italia, e che ne’ patrii alberghi
Sì nobil pregio i miei dolor consoli.
A te mi sacro, or di bellezza indarno
Armala muove assalto altra reina,
Per questo petto con mendaci modi.
75Ben lo sai tu, che dalle stelle eterne
Il profondo del cor nudo mi scorgi.
Così diceva, e d’amorosi pianti
Lavando il petto a sua magion sen riede.
Ed ecco Erminia, che in negletti veli,
80Sangue real, quasi lugubre aucella
Li move incontra, e colle ciglia oscure
Di lagrimosa nube a lui s’inchiua,
E dolente il saluta, indi ragiona:
Mentre al vostro valor facean contrasto
85I Palestini, ed eravate in guerra,
lo non presi a pensar sopra il mio stato,
Mirando voi, che co’ nemici a fronte
Vivevate fra i rischi, e fra gli affanni:
Or cessano gli assalti, or son deposte
90L’armi, e la Siria vostri gioghi accetta;
Già si spalmano legni, a’ proprj alberghi