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del chiabrera 213

POEMETTI PROFANI


I

LA CONQUISTA DI RABICANO

AL SIG. IACOPO FILIPPO DURAZZO.

     Se, mentre vago di gentil diletto,
Sproni il fianco a’ destrier d’oro frenati,
Mai ti sovvenne d’Arïon, che Adrasto
Portò sul dorso, e rivolgesti in mente
5Cillaro, caro allo Spartan Polluce;
Oggi non disdegnar la rimembranza
Del si famoso, che reggeva in guerra
L’invincibil Signor di Chiaramonte.
Il nome degli Eroi sveglia a virtute,
10Ed a verace gloria i nostri spirti.
     Correva un tempo le campagne Eoe
Il buon Rinaldo, e desïava ardente
Periglio ritrovar d’alta ventura.
Se ne giva pedon, che di Bajardo,
15Per strano caso, egli perdeo l’impero,
E se l’avea di Sericana il Rege.
Ora un di, che rosata ambo le palme,
E co’ piè d’oro trascorreva il cielo
La bella Aurora, ei raggirando il guardo.
20Presso un’alta spelonca a piè d’un’alpe
Tutta selvosa, un corridore scorse.
Era si negro l’animal guerriero,
Qual pece d’Ida, e solamente in fronte,
E sulla coda biancheggiava il pelo,
25E del piè manco, e deretano l’unghia;
Ma con fren d’oro, e con dorati arcioni
Sdegna tremando ogni riposo, e vibra
Le tese orecchie, e per levarsi avvampa,
E col ferrato piè non è mai stanco
30Battere il prato, e tutte l’aure sfida
Al sonar de’ magnanimi nitriti.
Il buon Rinaldo in rimirare ammira,
Che il pregio Singolar del buon destriero
Fosse senza signor per la foresta,
35E se ne va pien di letizia il volto,
E fatto da vicin, stendeva il braccio
Cupidamente alle dorate briglie;
Quando ecco apparve, inenarrabil vista!
Fuor di quegli ampj spechi empio gigante
40Carco d’acciar, d’immense membra, e quale
Su scoglio alpestre rimiriamo eccelsa
Fiammeggiar torre, che da lunge addita
A nocchier stanco i desïati porti;
Tal dimostrossi: ei di metallo ardente
45Ornava, e d’ôr lo smisurato busto:
Arme infernal, eui sulle parti estreme
Lampeggia di rubin gemino giro,
E colla destra egli vibrando ergea
Peso di spada al ciel, che cento destre
50Oggi non reggería d’altri mortali.
Cotal guardando formidabil scioglie
L’orrida voce, ed a Rinaldo parla,
E sembrò toro, che mugghiasse: Scorgi,
Egli diceva, o Peregrin, tant’ossa,
55Onde questa campagna omai biancheggia,
Furo campion, che del destriero egregio
Ebber troppa vaghezza, ed io gli ancisi:
Fattene specchio. Ei sì gli disse; intanto
Arse di Chiaramonte il gran guerriero
60A sè provar nella famosa impresa,
E sfodra il ferro, e va movendo assalto
Del fiero mostro all’orgogliosa altezza.
Qual se mastin, che nelle selve Iberne
Crebbe i denti feroci, unqua s’affronta
65Con toro ispano in popolar teatro,
Ei va latrando d’ogn’intorno, e schiva
L’incontro fier dell’abbassate eorna;
Ma pur gonfio di rabbia al fin s’avventa
Sotto i gran fianchi del nemico, ed aspro
70Nelle nervose orecchie il morso imprime,
E sì l’atterra: in tal maniera il forte
D’Amon figliuol, come accerchiando il mostro
Per piccol’ora, indi scagliossi, e corse
Inver le membra smisurate, e spinse
75Nella grande anguinaglia il brando ardente;
Indi rapidamente il risospinge
Nel gran bellico insino all’else; e poscia
Ei salta addietro, non la forza estrema
Dell’uomo vasto il conducesse a morte
80Con qualche colpo; ma versando il sangue
Dagli antri delle piaghe il fier gigante
Si venía manco; onde di ghiaccio in volto
Tutto crollò, poi traboccò sul campo.
Come veggiam, che ne’ boscosi monti
85Quercia di Giove infra le nubi asconde
La chioma antica; ma nocchiero ingordo
La spianta a farne naviganti antenne,
Ed ella cade, e colla cima ingombra
La bassa valle, e le natíe foreste
90Ne diffondono intorno alto rimbombo:
A tal sembianza colla fronte eccelsa
Il fier gigante ruinando a terra,
Percosse il prato sanguinoso, e scosse
L’erma campagna, e scosse i gioghi alpestri,
95E scosse de’ torrenti il corso e l’onda.
Allor cortese il vincitor s’appressa
Al moribondo, e sì gli dice: Avvegna
Che ognuno in guerra la vittoria brami,
È tuttavia de’ vinti alto conforto,
100Cader per man di cavalier famoso:
Io son Rinaldo, e non pur te, ma molti
E duci e regi la mia destra ancise,
Come dispose il Correttor del mondo;
Or l’alma acqueta, e raccontar ti piaccia
105Per qual cagione il corridor fu posto
Sotto la tua difesa in queste piagge;
E quei rispose: Galafron bramava,
Che il suo figlio Argalia giostrasse invitto
Contra la forza del Francese Impero;
110Quinci per arte maga ei fece d’oro
Un’asta tal, che traboccava in terra
Ciascun nemico, ed adoprò non meno
Tutto l’Inferno a far veloce in corso
Quel negro corridor che là rimiri.
115Argalia forte di sì fatti incanti
Ver Francia mosse, e qual pensiero il trasse