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208 poesie

Langue in mesto digiun; ma se le giunge
Soccorso amico apre le labbra al riso;
Ciascuno apprende a rallegrar sembianza,
125E sulla fronte serenar la speme,
Tale in quel punto fe’ vedersi Ernesto:
Ridean sue labbra, e sfavillava il guardo,
E sulle guancie non so che di lieto
Subito apparve; ei cento volte e cento
130Baciò le gemme e ribaciolle; al fine
Fe’ dal petto volar queste parole:
O immensa beltà ch’altro non sai
Salvo, che ’l servo tuo render felice
Immensamente; a tuo favor sian pronti
135Sempre di tutto il ciel tutti i favori;
Ed io trabocchi degli abissi in fondo
S’unqua mi pentirò d’esserti servo:
O bella fronte; o belle ciglia, o specchi
D’ogni altiera bellezza, infra mortali
140Andrete voi di gentilezza esempio,
Ed io di fede; ei così disse: il mostro
Prende commiato ed indi move i passi;
E non gli move indarno; Adrasto trova
E per tal modo gli ragiona: Adrasto,
145Mentre da genitor si resse Agave
Ebber le vele tue vento secondo;
Or non è calma; io veggo molto Ernesto
Andar brioso; e mi ritorna a mente,
Che usanza femminil non è fermezza
150Serbare amando; così detto ei tacque;
Ma fiamma e gelo in un balen trascorse
All’amante guerrier per ogni vena,
E di varj color si tinse il volto:
Fiammeggiava lo sguardo, e dentro al petto
155Fremea per ira, e di sè stesso tolto
Motto far non potea; quinci d’Averno
Lo scellerato messaggier diparte,
E trasvolava alle sue frodi intento:
Per cotal modo corse il giorno, e chiuso
160Si stette Febo dentro il mar d’Atlante:
Ma come l’alba seminò sue rose;
Il poco avanzo dei miglior guerrieri,
E quelle teste più canute andaro
Verso il palagio a raunarsi, ed ivi
165Cercare appoggio al ruïnoso impero.
Per quel cammino raffrontossi Adrasto
Con esso Ernesto; Ernesto iva pomposo
In spoglie d’oro, e gli pendea sul petto
Il d’Agave monil tanto pregiato;
170Ed ei fattone altier movea giocondo:
Come lo scorse Adrasto immantenente
Ficcagli il guardo addosso, e bieco il guata;
Ma rimirando poi l’oro, e le gemme
Onde alla bella Agave ei fece dono,
175Splendere al collo del rivale intorno,
Vassene in foco d’ira; oscura il ciglio;
Dibatte i denti, e duramente freme
Così gridando: onde cotesto hai tratto
Real tesoro? e come indegnamente
180Te ne arricchisci? alle parole acerbe
Meravigliando diè risposta Ernesto:
Portolo perchè voglio; e l’ebbi in dono
Da tal, che la mia fè ne fece degna:
Non è ciò ver, soggiunse Adrasto; il porti
185Perchè ne fosti ladro: allora entrambo
Sfodrano i brandi; e già ne va per l’alto
Feroce il suon de’ ripercossi acciari;
E l’aria s’empie di faville; quale
Se per bella giovenca in prato erboso
190Agitati d’amor dansi battaglia
Tori cornapuntati, alto muggito
Spandono all’aura, e con la fronte bassa
Non mai son stanchi a rinfrescare assalti:
Mirasi intanto lacerati fianchi
195D’ampie ferite, e di ben calda vena
Sangue abbondante riversar gozzaje:
Non con minor possanza, e minor ira
Provano quei guerrier di trarsi a morte
Con spessi colpi; ora nel petto, ed ora
200Nel ventre, ora ne’ fianchi, or nella fronte
Erano intente a ritrovare entrata
Del nobil sangue l’assetate spade,
Ma sempre indarno; così fatta è l’arte
Ch’aveano entrambo nel mestier dell’armi:
205Al fin siccome fulmine fremente
Ch’avventa Giove adunator de’ nembi
Scagliossi Adrasto, ed allungò la spada
Quanto mai più potea verso il nemico;
Trovògli il braccio destro, ed ivi squarcia
210I nervi, e frange l’ossa; indi la tragge
E fortemente glie l’immerge in petto:
Subito cadde in sulla piaggia, e lunge
Fece d’intorno risonare il piano;
Ivi gemendo intra singhiozzi fugge
215L’alma pronta a volar per le ferite,
Ed ei vien freddo con mortal negrezza:
Il vincitor volge le spalle, e riede
Pieno di rabbia a’ suoi riposti alberghi;
Ed ivi pensa all’infedele Agave
220Profondamente arso di sdegno, e seco
Quasi saldando sue ragioni ei dice:
Spento è l’infame, e del suo sciocco ardire
Data ha la pena; or quelle carni indegne
Giacciansi sposte per convito ai cani:
225Ma qual di te prendo vendetta, Agave?
O dell’arso mio cor sola regina
Or fra chi regnerai, se tu non regni
Come sovrana fra le donne ingrate?
O occhi, ove d’amor tante faville
230Splendere io vidi, e voi gentil sembianti,
Chi l’arte v’insegnò di tanti inganni?
Di tanti frodi? e sì dicendo ei batte
La trista fronte con la destra, e pensa
Fisso col guardo in terra; indi si scote
235E col piè batte il pavimento, e grida:
Cingi la spada Adrasto; esci dal regno,
E vieni pronto ad incontrar percosse,
Vieni; che poscia tradimenti ed onte
Non mancheranti: ah crudel gente, ah nome
240Femmina nata all’onde inferne; scenda
Fulmine che l’involva; atra tempesta
Le spenga e le sommerga; indi s’emenda
E dice: adunque lascerassi Agave?
Ella si lasci; de’ nemici in preda?
245E de’ nemici in preda; eternamente
Sarà ciò pena de’ suoi vili amori:
Sì dice; e vêr le mura il piede affretta;
Giunge alla porta, e chi guardava i varchi
A lui ben noto trapassar consente;
250Egli sen esce e per diritto calle
Stampa i vestigi verso i ricchi alberghi
Del re degli Unni: per ventura il vide,
E ravvisollo Absirto, uom di gran pregio