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del chiabrera | 207 |
415Cadde sul suolo; ivi si scosse alquanto,
Poscia anelando se ne andò lo spirto.
Quei duci afflitti tenebrosa pompa
Fêro apprestarsi, e dolorosi onori
Per li regj sepolcri; ed indi franche
420Volsero l’alme a travagliare in guerra.
CANTO SECONDO
Ma per l’orride imprese al fin condotte
Tesifone empia raddoppiò l’orgoglio,
E fatta vaga di spiegar suoi vanti
Tra’ mostri inferni ella ne va veloce
5Alle d’Averno penosissime ombre:
Colà superba in vista alza la fronte,
E trasvolando con tartarei gridi
Faceva alto sonar gli antri infocati:
Dicea le frodi, onde ella spense i giorni
10Di quello eccelso regnator, dicea
Le fiere angosce della trista Elvira;
Onde ella cadde, il general cordoglio
Ove è rimasa la cittate oppressa
Non tacque punto; omai le mura aperte
15Per cui tanto sudossi, oggimai l’aste
Andran degli Unni a guerreggiar sul Tebro;
Colà faransi i venerati altari
Stanza di belve; e quello eccelso, ed alto
Monte del Vatican darà tributo
20Di folte spiche a’ vincitori aratri:
Tal per l’Erebo tetro alteramente
Pur bestemmiando ridicea suoi pregi;
E l’inferne falangi unqua non stanche
Faceano adir l’abbominevol nome
25Con somme lodi: allora infra quei mostri
Uno ve n’ebbe, che svegliò l’ingegno,
E cercò gloria in danneggiar la terra
Presso a perir senza il real governo,
Ed in profondo affanno omai sepolta:
30Questo solea nell’infernal baratro
Asmodeo dirsi; ed era sempre intento
Ad affinar della lussuria l’arte:
Sono opera di lui quanto d’amaro
Vedesi sofferir da petti amanti
35Di tormento, e di pena: ei mosse, e seco
Se lusingando egli dicea per via:
Se Tesifone nostra ornar le tempie
Brama di lauri glorïosi, e chiede
In riva d’Acheronte alzar trofeo,
40Non brama a torto; egli è ben degno; ed io
Amo, ch’a bello oprar si dia mercede
Perchè la spero: e non è forse giusto
Che fioriscano in me salde speranze?
Starà forte Aquilea se scossi Troja?
45Eh non è ver, che Simoenta, e Xanto
Corser di sangue? ed il Sigeo non scorse
Il figliuol di Peleo serrarsi in tomba?
Sparta già diede al mondo occhi si chiari,
Che per arte di me posero in fiamma
50Dell’Asia i regni; io di cotanti rai
Feci sul Nilo fiammeggiare un volto,
Ch’orbo ne venne il gran campion di Roma;
Onde Egitto ne pianse, e chiuso in nembi
D’alto cordoglio sospirò Tarpea:
55Nè questo giorno apparirà men forte
La mia possanza: sì parlando ei giunse
Alla città mal fortunata; e quivi
Con pronto ingegno esaminò le strade
Da porla in polve; e ritrovolle in breve:
60Or discendendo dal Permesso ombroso
Cantane Euterpe, e l’una e l’altra guancia
Di fresche rose colorita, o Clio:
Era d’Elvira e di Menapo figlia
La giovinetta principessa Agave;
65Di cotanta beltà, ch’almi guerrieri
Per lei giojosi distruggeansi in fiamma:
Uno era Adrasto del signor che regna
Intra fieri Schiavoni unico erede,
Chiaro per lo splendor dei bei sembianti,
70Chiaro per opre del gentil costume,
Chiaro non men per la franchezza in armi;
Quinci sovranamente al re fu caro,
E caro insieme alla reïna Elvira,
E se godean della bramata pace
75Dell’inclita fanciulla, il facean sposo:
In tale stato egli lattava il core,
E nudriva il desire, e cotal volta
Faceva atti d’amor per la speranza;
E tempo fu, ch’egli mandolle in dono
80Alto regalo; incatenate gemme,
Perle di Gange, e di Perù piropi;
Quinci pendea scolpito in piastra d’oro
Il navigar dell’Agenorea figlia
Sul toro ingannator; vedeansi l’acque
85Scherzar gioconde, e su per l’alto l’aure;
E vezzeggiando il trasformato amante
Dar baci al piè della beltà rapita:
Con sì fatto guerrier facea contesa
D’amore in campo; e per le regie nozze
90Dell’alma Agave sospirava Ernesto
Prencipe di Trevigi: in lui virtude
E ben fondata nobiltà splendea,
E sfavillava dell’età sul fiore:
Questo tenor di cose al fiero mostro
95Tosto fu noto, ed ei svegliò suo spirto
A porre in opra non piacevol froda;
Compose a sè d’intorno aeree membra
Uscite omai di gioventute, ed ara
D’alcuna crespa il volto, e vela i crini,
100E dentro a foschi manti egli s’involve;
Fassi Frontea, della fanciulla Agave
Nudrice un tempo; e così fatto apparve
Là dove Ernesto in solitaria stanza
Guerniasi d’arme; egli il saluta, e dice:
105Ernesto già tu sai, che fui d’Agave
Nudrice; or odi me, ch’a te ne vengo
Inviata da lei; mentre fur vivi
I genitori ella celò sue voglie,
Nè volle far contrasto a’ suoi desiri,
110Or che vive in balía di sè medesma
Offre la sua beltate alla tua fede
Per fartisi consorte; or quando, e dove
Fa di mestiero, adoprerai l’ingegno
Di cavaliero e d’amatore; intanto
115Tu di questo monil cingiti l’oro
Al collo intorno; ella il ti manda, ed ama
Spesso mirar che tu ne vada adorno;
Nel così dire egli porgea l’arnese,
Onde era stato liberale Adrasto
120Ver la beltà d’Agave; in qual maniera
Città steccata da nemiche squadre