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del chiabrera 205

Ed era ricco di Menapo arnese;
Indi in val d’Acheronte egli sen vola;
E dove rimbombando atra foresta
Tartaro inonda tra sulfurei gorghi,
155Ivi ben sette volte ella la bagna;
Poi dell’orride piume il negro volo
Tutto rivolge alle campagne apriche
Del chiaro mondo; e dove erbette, e fiori
Smaltano delle valli il chiuso grembo
160La più soave primavera miete,
E l’appestata tela empie d’odori;
Mortale inganno! indi trovava Areta
Dell’alto cielo al gran Rettor diletta.
Viveva Areta in solitaria piaggia,
165Ma chiara molto; sì di ciò, ch’invoglia
Nostre vaghezze e che cotanto brama
Il forsennato mondo, ella era schiva:
Erano suoi conviti erba di prato,
I rivi il suo Falerno; e se per l’alto
170Febo sferzava ad illustrare il Cancro
Il cotanto di rai sparso Piróo,
O s’ei facea col Capricorno albergo,
Ella sul terren duro amava il sonno
Dare alle stanche membra, ed indi in pianti,
175Indi in sospiri, indi in preghiere ardenti
Facea vedersi alla bontate eterna
Mercè chiedendo: il di costei sembiante
Prese lo spirto abitator di Stige;
Ed aspettò che la reina Elvira
180Senza corte de’ suoi facesse chiusa
Dimora dentro dal reale albergo:
Allor fassi veder: ma bigio involve
Manto sue membra, e di sprezzati veli
Tutta copria la scarmigliata chioma;
185Ambo le guancie di pallore offese;
E sotto il ciglio rosseggiavan gli occhi
Di molto lagrimar chiaro argomento:
Al suo venir la maestà d’Elvira,
Che della santa donna avea contezza
190Rasserenossi, e per le labbra liete
Fe’ dal petto volar queste parole:
Oggi per qual cagion? molti son giorni
Che non ti vidi Areta, or come e dove
Per te deggio adoprar nostra possanza?
195Dillo, del cielo e del mio cor ben cara.
Qui tacque Elvira; e l’infernal sembianza
Dimessa il guardo, e mansueta in voce
Tal diè risposta: o del signore eccelso
Sentenze oscure: e della mente eterna
200Profondi impenetrabili decreti!
Ecco diluvio di schierate genti
Inonda intorno, e scellerati regi
Fan paventarne i più temuti oltraggi.
Ma l’aíta del ciel non sarà scarsa
205Per nostro scampo, se cangiando stile
Ci volgerem del pentimento all’arte:
Intanto a’ rischi di Menapo, intanto
A sua vita real fia provveduto
Con novo usbergo, e su novella incude
210Fatto temprar da non mortale ingegno.
Ecco il ti porgo, e ch’ei ne vesta il busto
Sia tuo pensier, non volerà quadrello,
Spada non vibrerassi, asta ferrata
Non potrà tanto, che ne beva il sangue
215Mentre di questo arnese il trovi adorno,
E quanto possa il guerreggiar s’inaspri:
Qui tacque il mostro, ed offeriva il dono
All’alta donna, che i Tartarei lini
Accettò dalla man Tesifonea;
220Ed indi chiara di bei raggi il guardo
Fece sentir queste parole alate:
S’alcuna in tanto duol può lusingarmi
Non vana speme, e se gli spirti afflitti
Osano ricercar qualche sostegno,
225Solo il sanno trovar nel franco petto
E nell’alta virtù del gran Menapo.
Or se pegno sì caro a me conservi,
Se mel difendi, io fin che miri il sole,
Fin che l’anima mia meco soggiorna
230Non sarò più di te, che di me stessa?
Sì disse Elvira, a cui rispose il mostro:
Non ti dà la mia man l’alta ventura
Che tanto apprezzi, ed accettar non deggio
il tenor delle lodi onde m’onori;
235Lodisi Dio: nel così dir s’inchina
Segno di riverir l’altiera donna;
Nè più fe’ motto; ma levossi, e sparve;
Sparve come talor nube di fumo
Al trasvolar di boreal bufera;
240Ma d’Elvira i pensier fûro sorpresi
Da meraviglia, e le nudriro il petto
Di non usata in core uman dolcezza:
Corsero poscia le dorate rote
Dell’almo Febo, e si lavaro in fondo
245Delle del gran Nereo piaggie ondeggianti.
E diede bando alle cure aspre il mondo:
Ma quando apparve l’Acidalia stella
Cara del chiaro giorno apportatrice
Si mosse Elvira, e ritrovò Menapo
250Soletto in letto: ivi gli diè contezza
Della venuta vecchiarella, e come
Lasciò lo scampo per la regia vita:
Al primo suon della novella udita
Scossesi il re giocondamente, e sorse
255A seder sulle piume; indi circonda
Tre volle il collo alla consorte amata
Pur con le braccia, e la coprì di baci,
E presela per man fa d’ognintorno
Soave risonar queste parole:
260O dell’anima mia solo conforto,
Solo diletto, o delle mie speranze
Combattute da guai solo sostegno,
Quando venisti a me che il tuo cospetto
Non mi colmasse di bramata gioja?
265Nè m’arricchisse di dolcezza? ed ora
Ne vieni a farmi senza fin felice:
Ecco, la vita mia contra le piaghe
De’ micidiali acciar fia riverita;
Farò mirarmi fra’ perigli, ed alti
270Quivi darò della fortezza esempi,
Aprendo il varco alle vittorie, omai
Franco è mio scettro, e la corona in fronte
Riposerà del successore Infante
A noi sì caro: sì dicea sorpreso
275Da soverchio piacer d’alta speranza,
Ma verso il sommo Correttor del mondo,
Onde ei credea, ch’a lui venisse il dono
Cotanto singolar, non mandò lodi,
Non mandò preghi, e si guerniva il busto
280Del fier venen della palude inferna
Mal medicato degli odor soavi,
Ed addobbossi delle regie vesti