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del chiabrera | 193 |
25Un mantel di frisato e non di felpa
Porrommi interno; e non andrò qual verme
Di seta ricoperto; al mio ragazzo
Darò commiato, e salderò suo conto.
Co’ Pollajoli farò briga, in somma
30La Bita cocerammi un po’ di bue:
Ma quanto a’ fiaschi io gli vorrò di Chianti,
E son certo indovin, che la pancaccia
Il becco batterà; deh che intervenne?
Qual meraviglia? Or tu, Riario, prendi
35In tanti mormorii la mia difesa,
E dà risposta a’ nostri Salomoni:
Di’ che non è viltà lo spender poco:
Vile sarò se spenderò l’altrui.
Cuoco non ho; ma d’altra parte Isnardo
40Non mi tien debitor dentro al suo libro.
Non metto piede in bisca, ma non scanso
Il sarto, perch’ei sia mio creditore.
E gusto sgretolare una pernice,
Dispogliare un cappon, mirar la fante
45Recarti in un bel piatto una gran laccia
Con buon savore; è gusto, io non tel niego;
Ma nel petto io non ho molto coraggio,
E lascio sgomentarmi dalle Stinche.
Oh, dice il Truffa, cancaro a’ pensieri:
50Chi sa dell’avvenir? Godiamo intanto.
Truffa, la tua dottrina a me non piace,
Lo spensierato ha da pensar poi troppo.
Tutto ciò che ne piace in questa vita,
Non è vero piacer, falso diletto,
55Gli uomini al fin strascina al pentimento.
XIV
AL SIGNOR ANGELO GAVOTTI
Se Alfonso andasse col tabarro lordo
Di sucidume, e se il cappello usasse
Non come usa ciascun, sicchè le falde
Fossero strette, e non s’alzasse il colmo
5Ben molto in su; chi torcerebbe il muso,
Chi riderebbe; e se venisse Anselmo
Di giorno passeggiando in calza intera,
Ed una fosse bianca, e l’altra rossa,
Non correrebbe d’ogni intorno un 0, 0,
10Un 0, 0; si fattamente come un tuono?
lo crederollo agevolmente; il figlio
Del tale, ed il nipote del cotale,
Nato per madre della tale, in piazza
Fare il buffone? O nobiltà sprezzata,
15O vilipesa! Se in cotal maniera
Movesse a favellare, o Nanni, o Bindo
Avria ragion di non iacer; ma come
Tacciono, udendo Anselmo in carne e in osso
Datosi a ginoco, e non si tôr di mano
20Carte giammai, né dadi? E porre ogni ora
La dote della moglie, e della madre
In forza delle zare, e degli incontri?
Avanzasi egli per cotal maniera
La nobiltà? Dammi risposta, o Vulgo.
25Addobbarsi vilmente ad uom ben nato
E grave infamia, ed adoprar vilmente
Fia gentilezza? Se guernisco il capo
Di cappel disusato, io son deriso;
E poi s’ammorbo sotto coltre in braccio
30D’una Gumedra infranciosata, ho cento,
Che fan mia scusa, ed han di me pietade?
O quanto male siede il mondo a scranna
Per gindicar! forse verrà stagione,
In cui si ammendi; ora volgiamo ad altra
35Materia più gentil nostri sermoni.
Dimane apparirà la sesta Aurora
Del bel mese di agosto; alma giornata,
In cui si consegnò l’etereo manto
Al valor grande dell’Ottavo Urbano.
40Angelo, diasi bando a’ rei pensieri,
Dispongansi le mense, e sian cosparse
Di fresche frondi; il buon Francesco appresti
Di fontana ginestra auree bottiglie;
Siri provvegga neve; arpe, viole
45Han da stancarsi in si bramato giorno.
Giorno felice, e tra’ più cari giorni
Giorno più caro: al suo venir sen venne
Giù da’stellanti alberghi invitta Astrea,
E lungo il Tebro passeggiò Pietate.
XV
AL SIG. FRANCESCO GAVOTTI.
Francesco, se oggidi vivesse in terra
Democrito (perchè di lagrimare
Io non son vago, e però taccio il nome
D’Eraclito dolente) or se vivesse
5Fra’ mortali Democrito, per certo
Ei si smascellerebbe delle risa,
Guardando le sciocchezze de’ mortali.
Molti ne diran molte; io che per use
Parlo assai poco, tratterò sol d’una.
10Io rimiro le donne oggi far mostra
Di sua persona avvolte in gonne tali,
Che stancano le man di cento sarti.
Men ricamato stassi infra le nubi
L’Arco baleno; io tacerò dell’oro.
15Oro il giubbone, or le faldiglie, ed ore
Sparso di belle gemme i crini attorti.
Negletta fra’ suoi veli appar l’Aurora
Sorta dall’Oceáno. Io già non nego,
Che assai sovente la beltà del viso
20Fa tradimento alla mirabil pompa.
Or si fatta donzella è non contenta
Di sua natura, ma levata in alto
Su tre palmi di zoccoli, gioisce
Di torreggiare, e per non dare un crollo,
25E non gire a baciar la madre antica,
Se ne va da man destra, e da man manca
Appuntellata su due servi, ed alza
Il piede, andando, come sel traesse
Fuor d’una fossa; onde movendo il
30È costretta a contorcer la persona,
E a ben dimenar tutto il codrizzo.
O Democrito antico, ove dimori?
Ove sei gito a si leggiadre usanze?
Giungi carrozze da città, carrozze
35Per la campagna, seggiole, lettiche,
Staffieri, paggi: il padre di famiglia
I golfi passerà per mezzo il verno
Su frale nave mercantando, ovvero
Coll’armi indosso seguirà l’insegne
40Fra mille rischi, e ne’ palazzi alteri