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del chiabrera 191

Per loro stesse; degli aratri il nome
Non era noto, chè cortesi i solchi
Porgeano in dono al contadin la messe,
E rifiuto facean di sua fatica:
45Ma per quella stagion vedeasi in terra
L’alma Giustizia, e di candor velata
La Fede pura, e la dimessa in vista
E dell’altrui dolor schifa Pietate.
Quando poi sorse il minaccioso Oltraggio,
50E l’Ira, e la si pronta a dar di piglio
Fra noi Rapina, e che lascivo arciero
Mosse battaglia a mal guardati letti,
Lo sfacciato garzon di Citerea,
Subito il mondo ebbe a cangiar sembianza.
55Il suol di bronzo, il ciel venne d’acciaro,
Fe’ vedersi la Fame, e la ria Febbre
Dispiegò tra le genti orrida insegna,
Ed infiniti guai trasse in sua schiera.
Qui faccio punto, e saldo ogni ragione.
60Tal godiamo il tenor di nostra vita,
Par come fatti son nostri costumi.

IX

AL SIG. GIO. FRANCESCO GERI

     Geri, che fassi a’ Marmi? Io son ben certo,
Che non può peregrin ritrovar piazza
Ove si provi più gentil sollazzo.
Quivi passeggia Nobiltà fiorita,
5Croci vermiglie, croci bianche, e quando
Son per le fiere nel Mercato Nuovo
Forniti i cambj, si rauna allora
Pur quivi tutto il fior de’ cittadini;
E chi squaderna del corrier di Francia
10Lettere fresche, e fa che senta ognuno
Ciò che dice Lion, ciò che Parigi.
Chi parlamenta de’ Paesi Bassi,
Che Olanda s’arma, e che con esso loro
Uscirà d’Inghilterra alcun Milorte,
15E metteransi in busca delle flotte.
Nanni discorre intorno alla vendemmia:
Senz’alcun dubbio imbotterassi male,
Chè li scirocchi han danneggiato l’uva:
Buon consiglio sarà bere all’arpione.
20Bindo rivela ch’jeri alla Campana
Discese ad alloggiar dama spagnuola,
Bella, se mai ne fu; spagnuola, e basta.
Ma se t’incresce dar l’orecchio a ciance,
Non ti vengono men cose leggiadre.
25Vuoi tu Pittura? incontrerai Bronzino:
Musica forse? udrai parlare il Peri;
E troverassi chi terrà sermone
De’ sublimi pensier del Galilei:
Quei nuovi cieli, ove fra stelle eterne
30De’ gran Medici nostri è posto il nome,
Nome possente a crescer pregio agli astri.
Nobil diporto! solamente un risco
Spesso quivi s’incontra, ed è mortale.
Vuolsi pregar, che non ti venga addosso,
35E non ti dia battaglia alcun poeta:
Misericordia, che travaglio è questo?
Starai godendo, o degli affari tuoi
Tratterai con gli amici attentamente;
Ed ecco si disfila alla tua volta
40Un di questi assassini, e non ti dice
Il sudicio buon di, nè buona sera;
Ma ti si pianta innanzi, e poi t’investe:
Udite un Madrigale, il quale uscito
Emmi non infelice dalla penna:
45Il Petrarca è divin, non vo’ negarlo,
Ma tuttavolta E così detto intuona.
Indi dal Madrigal sale al Sonetto,
E dal Sonetto ascende alla Canzone,
E per arroto egli di passo in passo
50La chiosa, la postilla, la comenta;
E se non badi, egli ti dà frugoni.
O belle Ninfe del Parnaso, o Muse,
Oggi son così fatti i vostri Cigni?
Ma, Geri, se tu scorgi anco da lunge
55Un di questi nojosi calabroni,
Spulezza via, metti le piume e fuggi.

X

AL SIGNOR LAZZARO CIRCAZANDO

     Lazzaro, un giovinetto, a cui pur ora
S’impela il mento, e senza padre, a cui
Deggia ubbidire, è capitato in mano
Della più fine e più solenne Circe,
5Che mai servisse in corte a Citerea.
So dir, che non è scarsa di cor mio,
D’anima mia, di vezzi, di moine,
Care tanto a’ cervelli innamorati;
Benché con loro, che hanno sale in zucca
10Pesino meno che un guancial di piume.
Tant’è; questo infelice a freno sciolto
Corre alla mazza; jer si fece un censo,
Oggi si piglia a cambio, e così vassi
Sull’asino trottando per le fiere.
15Pietà mi prese e volli esperienza
Far di mia lingua, o se per nulla appresi
Su’ fogli del grandissimo d’Arpino.
Lo trovai dunque; usai di quelle esordia,
Che son più commendate, e poi mi misi
20Sottilmente a trattar luoghi comuni:
Che femmina non è mercatanzia
Da spendervi cotanto, e che assai tosto
Egli vinto saria dal pentimento;
Ma che il pentir non torneragli in borsa
25Il malamente dissipato argento.
Rammentasse il suo sangue; uomo venuto
Con titolo d’onore in questo mondo
Dimorarvi dovea, doveva uscirne
Pur con suo pregio ed onoratamente.
30Molte cose io soggiunsi, e feci in somma
Un non poco isquisito parlamento,
E provai di ritrarlo a miglior vita:
Ei stette attento, e rese l’armi in parte,
Siccome vinto; ma che fosse scarsa
35Pur d’un minimo gran l’orrevolezza,
Per dare il collo all’amoroso giogo,
Francamente negò: dunque fia biasmo
Riconfortarsi al Sol della bellezza?
Rinaldo, Orlando, che non pur fu conte,
40Ma Paladino, se n’andò sovente
Dalla paterna Senna al gran Catajo,
E vel trasse l’ardor della figliuola
Di Galafrone. Aggiungo: il buon Ruggiero