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POESIE
CANZONI EROICHE
I
alla serenissima gran-duchessa di toscana.
Cetra de’ canti amica,
Cetra de' balli amante,
D'altrui musica man dolce fatica,
Io dalla spiaggia di Parnaso aprico
Movo sull’Arno errante:
E se le membra ho polverose, umile
Pur sulla fronte porto
Edera, e lauro al torto,
Vago ristoro di sudor gentile:
E te fra le mie dita,
Cetra, dagli alti Eroi sempre gradita.
Tu le campagne ondose,
Ampio regno de' venti,
Tu meco sai varcar l'Alpi nevose,
Tu, s'invermiglia April vergini rose
In sul mattin ridenti,
E tu, se il Ciel sotto l’Aquario verna,
E col gel frena i rivi
Rapidi fuggitivi,
Fissa al fianco mi stai compagna eterna;
Nè corte rea trass’arco,
Che mai da me t’allontanasse un varco.
Già per la prima etate
Cantasti in forme nove
L’acerba d’una Dea vaga beliate,
Indi tra’l sangue delle schiere armate
Vittoriose prove,
Quando temprava alle stagion più liete
Dell'alta Roma i danni,
E i Gotici Tiranni
Dieder le braccia, e’1 collo al gran Narsete,
E per Italia allegra
Tonò Vitellio come Giove in Flegra.
Or de' soavi Amori
Lascia le corde in pace,
Fin ch'Amor desti in me novelli ardori;
E lascia il soon dell’arme a i rei furori
D’altra stagion pugnace,
E perch’io sia d’un’alta gloria degno,
Le corde a gl’inni tendi,
E tal concento rendi,
Ch’alta orecchia real nol prenda a sdegno,
Anzi benigna intenda
Quanto t’arco discenda, e quanto ascenda.
Ma se nota non hai,
Che giunga Aquila viva,
Quando del Sol poggia dorato a’ rai;
Val sopra l'oro un bel silenzio assai.
Quando viltà n’è schiva.
Là nel Permesso, che Toscana inonda,
Strozzi nettare beve
Puro Ciglio di neve,
Ch’ove canta primier, Febo seconda.,
E i duo nobili augelli
Cara coppia di Clio Pitti, e Martelli.
Questi con varj accenti,
Che Anfriso udir solea,
Quando il Rettor del Sol reggeva armenti
Tengon dell’alta donna i sensi intenti,
Onde l'Arno si bea:
Ed ella in terra dolcemente avvezza
All'aarmonia celeste,
Come tuoni, e tempesta
Udrebbe canto di minor dolcezza:
Che 'l guardo anco s’adira.
Se dopo gemma un vetro vil rimira.
Cetra, che stai penosa?
Tu del gran corso temi,
E stimi il tuo valor troppo vil cosa;
Rassembri legno, ove ingolfar non osa,
Ch’alto sospenda i remi:
Su su vien meco, e mie vestigio segna,
Che smisurato ardire,
Suolsi quaggiù gradire,
S'Amore e Fè tra sua famiglia il degna.
Io dell'umil tuo suono
Al regio piè dimanderò perdono,
Reina, il cui bel crine
Giunser Fati benigni
Compagni al gran valor gemme divine;
L'anime a te congiunte peregrine
Ben son canto da Cigni;
Ma s’impelo di fede altrui consiglia
Alzar la voce frale,
Benigna alma reale,
Come colpa d’amore in grado il piglia,
Nè patisca rifiuto
D’una povera man picciol tributo.
Per voce ferma e negletta
Volvesi rivo ancora,
E pur ricco del Gange il mar l’accetta,
E dove a Febo innauzi Alba s’affretta