Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
166 | poesie |
15Alcuno è, che racconcia
La pulita bigoncia;
Chi buon graticci appresta;
Altri riponsi in testa
Gran corba, e gran paniere
20Pien d’uve bianche e nere;
Chi pigia, e cresce il vino
Al ben cerchiato tino.
Le vaghe forosette
Succinte in gonnellette
25Fanno schiamazzo intanto,
E sollevano il canto
Gloria della vendemmia.
Gravissima bestemmia
Prenda l’uom, che fa l’arte
30Di ministrare a Marte
Micidïale acciajo;
Sia felice il Bottajo:
Ei sol fabbrica in terra
L’arche, dove si serra
35Di Bacco il bel tesoro,
Bello vie più che l’oro.
III
Invito alla Vendemmia.
Belle Donne, che splendete
Come Stelle in questi orrori;
Deh correte, ove di fiori
Le campagne or son più liete:
5E colà, dove più sola
Sul mattino apre la rosa,
E colà, dove odorosa
Smalta l’erbe la viola,
I color dolci cogliete.
10Del ceruleo ramerino
Le chiocchette ben fiorite,
E le pure margherite,
Ond’è bianco il gelsomino,
Vagamente lor giungete.
15Dell’odor, che all’aure manda
Croco bel d’ostro dipinto,
Di ligustro, di giacinto
Deh tessete una ghirlanda,
E sul crin la mi ponete.
20Vuol ragion, che io sì men vada
Di bei fior le tempie adorno,
Or che Bacco viemmi intorno
Con bel nembo di rugiada,
A temprar la mia gran sete.
25Questo Re divoto onoro,
Or che il crin gelando imbianco,
Che se Amor m’avventa al fianco
Strale alcun del suo fin oro,
Rintuzzato il mirerete.
30Bellezze alme, e pellegrine
Vostri assalti io prendo a scherno,
Che degli anni il freddo verno
Mi veste armi adamantine,
Sicchè in van mi combattete.
35Rubellante degli amanti
Prigionier Bacco mi mena;
E sì dolce ei m’incatena,
Che fa suoi tutti i miei canti,
Come chiaro oggi vedete.
IV
Che per bevere lascia di amare.
L’aria del volto mio,
Salvo la mia crudel, nessun la fugge,
Ma lei, che m’arde, e strugge
Nulla fermar poss’io.
5Or tu verso il ruscel corri, Tanagro,
Ove ella siede con superbia tanta;
Dille, che se io non son qual Meleagro,
Ella certo non è qual’Atalanta:
Ma spargasi d’obblio
10Crin d’oro, eburnea man, guancia di rose:
Mie vaghezze amorose
Sian puro vin di Scio;
O quel, che Omero suol chiamar Prannio.
V
Le querce pianti chi non teme orrore
Di mar, che spumi, e ferva,
L’ulivo di Minerva
Nudra in sassosa parte
5Chi dalle dotte carte
Ama ritrarre onore:
Ed io la vite su gli arsicci monti,
Che di grappi acinosi il palo aggravi,
Onde poscia in cristal corrano fonti
10Per l’altrui lingua più che mel soavi.
Bacco d’ogni piacer volge le chiavi,
Fondator di speranze,
Rallegrator di danze,
Disgombrator d’omei:
15Quinci de’ pensier miei
Il vo’ gridar Signore.
VI
Lascia le varie sete,
Filli, che pingi trapunto adorno,
E facciamo alto rimbombare entrambo
A queste logge intorno
5Bacco, Dionigi, Bromio, Ditirambo.
D’odorate vïole, e di ligustri,
Gemme del prato, fa ghirlande all’oro,
Che Amor sulla tua fronte orna, e governa;
E delle belle dita i colpi industri
10Sulle corde dell’ebano canoro
Coll’arco eburno di mia lira alterna.
Filli, volino liete
L’ore fugaci del volubil giorno.
Su facciam alto rimbombare entrambo
15A queste logge intorno
Bacco, Dionigi, Bromio, Ditirambo.
VII
D’ederosi corimbi ogni Uom verdeggi,
E tra pompe vinose or si festeggi:
Deh che farà cantando
Al nome di Leneo l’aer giocondo?
5lo di me stesso in bando
Raccolgo voce a rimbombar secondo: