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158 poesie


LIII

Fregiar d’Olanda, ed incresparsi i lini
     Al collo intorno, e di bei nastri ed ori
     Gravare i manti, e profumar d’odori
     4Con lungo studio, ed arricciarsi i crini,
È nostro pregio, e con dimessi inchini
     Gire adescando femminili amori;
     E condir mense, e negli estivi ardori,
     8Bacco tuffar per entro i geli alpini:
Ma che voti faretre a’ nostri scempi
     L’empio Ottomano; e che alle nobil genti
     11Flagelli il tergo, e che in acciar le stringa:
Ma che predi le Terre, e che arda ï Tempi,
     Guancia non è fra noi, giorni dolenti!
     14Guancia non è, che di rossor si tinga.

LIV

Eufrate, Gange, e dell’Aurora i regni,
     Ergono al ciel Macomettani Altari,
     E d’Orïente, e della Libia i mari
     4Chiamansi servi d’Ottomano ai legni:
Geme la Grecia, e mille strazj indegni
     Vien, che soffrir tra Musulmani impari,
     E san sfogar crudi ladroni avari
     8Sovra ogni nostra piaggia odj e disdegni.
Or quando l’aste su’ destrier ferrati
     Abbasseransi? e per la Fè sciorrete,
     11Quando l’insegne, o Cristiani armati?
Allor che schiavi con sudor trarrete
     Un remo? Ite codardi, ite malnati,
     14Gittate i brandi, che sì mal cingete.
     

LV

Verrà stagion, voi, che tra danze e canti
     Per estrema viltà vivete alteri,
     Verrà stagion, che gli Ottomani arcieri
     4Le patrie vostre lasceran fumanti.
Vedrete in forza di superbi amanti
     Passar l’egre consorti i giorni interi,
     E perchè sian contro Gesù guerrieri,
     8Sommo dolor! giannizzerar gl’infanti.
Allor tra ceppi dannercte ignudi
     L’ozio, che lusingando or si v’atterra;
     11Ma dopo il danno corso invan s’impara.
Or è da gonfiar trombe, or è da scudi
     Imbracciar forti, e da provarsi in guerra,
     14Se a’ vostri cor la libertade è cara.

LVI

Lungo tempo non ha; dolce a membrarsi!
     Che furo in grembo alla lor propria Teti,
     Orridi d’arme, i veleggianti abeti
     4Per tutto l’Oriente afflitti ed arsi:
I Turchi in Asia, e per la Libia sparsi
     Non son giganti, o del gran Marte atleti,
     Son stuol, che d’un tiranno aspri decreti
     8Spingono a morte, od a malgrado armarsi.
Percossa d’arco, che per lor si tende,
     Non è gran piaga, e le lor fronti invano
     11Elmi di torto lin copre e difende.
Ah! che se di lungh’aste empie la mano
     Europa, e di giust’ira il petto accende,
     14E da lei poco il trionfar lontano.

LVII

Azzappi, Alcansi, miserabil gente!
     E lor, che svelti non cresciuti ancora
     Dal sen del genitor traggono fuora
     4Delle patrie magion vita dolente,
Ignobil gregge, che alle prede ardente
     Di verace virtù nulla s’onora,
     Son quegli Eroi, dalle cui trombe ognora
     8Sfidare Europa, e minacciar si sente.
Ma s’ella un giorno de’ suoi Duci egregi
     Risveglia il cor, gli abbominevol schiavi,
     11Rapidi al gel della lor Scizia andranno:
Incliti cavalier, sangue di regi,
     Nati alla gloria fra gli allôr degli avi,
     14Qual alte palme da sperar non hanno?

LVIII

È ver che in Asia trionfando ha sparte
     Ottoman l’armi, e che l’Egitto ei frena,
     E che superbo alla superbia Armena
     4D’ubbidir paventando insegna l’arte:
È ver che Libia, è ver, che Europa in parte,
     Tragge a’ suoi duri gioghi aspra catena,
     E che quasi Nettun per ogni arena
     8Alzare antenne, e rilegar può sarte.
Ma di lui vinto fian le palme eterne,
     Nè voi sì glorïosi in vil periglio
     11Spiegar dovete l’onorata insegna:
Non assalta leon basse caverne,
     Ma fa d’orsi feroci il pian vermiglio,
     14E quinci altier per le foreste ei regna.

LIX

Tergete l’aste, e su per gli elmi, o franchi
     Guerrier d’Europa, raccendete i lampi,
     Che se dell’Asia trascorrete i campi,
     4Là fieno i Turchi a contrastar non stanchi:
Pur cinto ognun d’altera spada i fianchi
     Orme in quei regni infaticabil stampi,
     E d’ira in fronte minaccioso avvampi,
     8Nè per terror, nè per percosse imbianchi.
Tra perigli supremi alza vittoria
     Trofei sublimi, e dell’orribil morte
     11Nobil campion non sbigottisce al nome.
Su dunque all’armi, o generosi: gloria
     Nata vilmente non apprezza uom forte;
     14Ma con alto sudor s’orna le chiome.

LX

O se pure alla fin tromba d’onore
     Di magnanimo ardir vi empie le vene,
     Sì che per Dio le Palestine arene
     4Tocchiate un dì sulle spalmate prore,
Quanta vi cresceran forza e valore
     Di quel sacrato ciel l’aure serene?
     E gli alti alberghi, che Sïon sostiene,
     8Di quanto spirto han da colmarvi il core?
Mirarsi del Giordan l’onda da presso
     Fia sprone all’armi e del Cedronne il corso
     11Ecciterà l’insuperabil destre
Di voi ciascun quasi leon, che oppresso
     Da non usata fame inaspra il morso,
     14O tigre orbata per viaggio alpestre.