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154 | poesie |
XXIX
LODA COSMO MEDICI
PRINCIPE DI TOSCANA.
Nocchier, che a merce peregrina intento,
Da’ più riposti porti il legno slega
Nel mar solcando, da principio piega
4I remi, e percuotendo il fa d’argento;
Indi per l’alto al rinfrescar del vento
Dell’ampie vele nulla parte nega,
Ed allor così ratto il volo ei spiega,
8Che de’ più ratti augelli il volo è lento:
Tale il gran Cosmo, che novello ancora,
Ma glorïoso pellegrin del Mondo,
11Orna del primo tempo i dì soavi,
Varcherà forte, e più felice ognora
Del vero onor per l’Oceän profondo,
14Ove Tifi sì grandi apparver gli Avi.
XXX
SEPOLCRO D’ALESSANDRO FARNESE.
Tu, che sull’ali, dispregiando il suolo,
Varchi reïna dell’alata schiera
Nell’alto a vagheggiar l’eterna sfera,
4De’ tuoi grand’occhi privilegio solo:
Ed or, che per lo ciel dispieghi il volo,
Degli austriaci re gran messaggiera;
Rifiuti il pregio, onde ti fero altera
8I finti Dei sul favoloso Polo:
Della tomba real sull’aureo sasso
Perchè sì forte il duro rostro imprimi,
11Che a riguardarti hai di scolpir sembianza?
Scrivo, che quanto nel volar trapasso
Ogni altro augello, i Cavalier sublimi
14Cotanto in arme il gran Farnese avanza.
XXXI
IN MORTE DEL DUCA
FRANCESCO DI GUISA
Seniore.
Aura, che vaga per lo ciel Francese
Del buon Dace di Guisa erri pietosa,
Serbando in sen la cenere famosa,
4Che raccogliesti dalle fiamme accese,
Alzati a volo, e per ciascun paese,
Pur come vuoi, batti le piume, o posa;
Che a lei sarà, quasi a celeste cosa,
8Qualunque terra d’ogni onor cortese:
Solo infra l'Alpi, e là del Reno ai lidi
Non appressar le scellerate senti
11Con empia voglia al Vaticano avverse;
Perchè ivi freschi ancor suonano i gridi
Dell’adirate vedove dolenti,
14Che l’alta spada tutte a brun coperse.
XXXI
A COSMO MEDICI
PRINCIPE DI TOSCANA
Già sorse in Cosmo, e del famoso Arpino
Men l’alma toga, che la sua lampeggia;
Sorsene un altro, alla cui nobil reggia
4Non s’agguaglia in virtù scettro Latino:
Or se dal caro nome alto destino
Vuol, che più sempre onor sperar si deggia,
Questo, ch’infante sul gran nido aleggia
8A qual poserà meta unqua il cammino?
Domerà il mar che sotto Borea frange,
Del Nilo incerto farà noto il fonte
11Là ’ve d’ogni mortal l’industria langue.
Calcherà L’Indo, porrà ceppi al Gange,
E farà franco di Sïonne il monte,
14Pur come vuol de’ suoi Loreni il sangue,
XXXIII
AL MEDESIMO
Se pur giammai, qual chi sè stesso accende
Per grande esempio, a gli Avi tuoi ripensi,
Vedrai fra’ lampi di virtude accensi
4Cosmo; qual Sol, che in Orïente ascende,
L’alto Nipote, che d’onor contende
Con lui vedrai, che alla stess’arte attiensi:
Vedrai, che a duo Pastor tributi immensi.
8Di gloria il ‘l’ebro incomparabil rende:
Tonò Giovanni in guerreggiar non stanco,
Erse Cosmo fulgor d’incliti rai,
11Francesco i nembi dell’invidia scherne.
Ma non Eroe, che ti percuota il fianco,
Più che il Gran Ferdinando unqua vedrai,
14Per ampio corso delle mete eterne.
XXXIV
PER LI PRINCIPI DI SAVOJA
Che navigavano alla corte di Spagna.
Mentre d’Italia co’ più nobil pegni
Argo sen va d’ostri cospersa, e d’ori,
Sollecito Nettun placa i furori,
4E l’onde queta negl’instabil regni:
E mentre Galatea fra’ regii legni
A’ squamosi Triton saetta i cori,
E par che vaga di più glorie Dori
8A’ gran Numi del mare ardere insegni,
I pargoletti Eroi Tetide mira,
Ed ha presente la stagion, che armati
11Scorno faran del suo Pelide all’ira.
Ben sì fatti pensier non le son grati,
Ma a suo malgrado a sì pensar la tira
14L’incomparabil sangue, onde son nati.