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del chiabrera | 151 |
XI
PER LO MEDESIMO SOGGETTO.
Nè d’oro in vaga rete il crin raccoglie,
Nè sparge sul bel sen gemme lucenti,
Ne dal bel tergo, allo scherzar de’ venti,
4Fregi di seta varïati scioglie.
Semplice velo, tenebrose spoglie
Coprono il busto, e quelle chiome ardenti,
Che il suo vedovo cor pien di tormenti
8Vuol fuori insegne dell’interne doglie:
E pur senza contrasto alti martiri
Sveglia in ogni alma, e non è cor sì franco
11Che servo nol si faccia, ov’ella il miri:
Smalto non sa trovar che d’ogni fianco
Non tragga a voglia sua caldi sospiri,
14Bella via più, quant’ella adorna è manco.
XII
PER LA SIGNORA MARIA BERNIZONA
Che navigava a Napoli.
Già fresco per lo ciel trascorre il vento,
E già bel tra rugiade il Sol vien fuore,
E già posto in obblio sdegno e furore
4Muove placido il mar spune d’argento.
Senti, che impone a’ tuoi viaggi intento
Dall’alta poppa, che si sarpi Amore:
Vattene omai, caro d’ogni alma ardore,
8Vattene d’ogni cor dolce tormento.
Col dolce sguardo, onde letizia spira,
Farai l’aure di Napoli serene,
11E le Sirene sue colmerai d’ira:
Ma glorïosa su straniere arene,
Pensa, che tua beltà qui si sospira,
14E che Savona tua lasciasti in pene.
XIII
PER DUO BICCHIERI DONATIGLI
DALLA SIGNORA MARZIA SPINOLA
Duo bei cristalli, che a ria sete ardente
Usano ministrar puri liquori,
Donna mi diè, che più che argenti ed ori
4Semplice vetro è d’onorar possente:
Febo, che su Parnaso al crin lucente
Corona tessi d’immortali allori,
Un me ne colma di quei sacri umori,
8Che di spirto celeste empion la mente;
Ed io coll’altro beverò Falerno,
Pregio dell’uva, che tra selve ascose
11Furor soave di Leneo m’ispiri.
Così, fornito di valor superno,
Oserò celebrar la man di rose;
14Che ne fa liberale a’ miei desiri.
XIV
PER ALCUNI FIASCHI DI VERDEA DONATIGLI
DAL SIGNOR JACOPO CORSI.
Questa mia lingua, e queste labbra appena
Del tuo caro liquor, Corsi, bagnai,
Che posti in fuga, e dato bando a’ guai,
4La scura fronte mi tornò serena.
Corsemi un caldo poi di vena in vena,
Qual ne’ freschi anni in gioventù provai,
Tal che membrando d’un bel guardo i rai,
8Fui quasi pronto all’amorosa pena.
E se di Pindo a i gioghi affretto il corso,
Vie più che del Permesso, alma Verdea,
11Io mi rinfranco d’un tuo nobil sorso.
Gli spirti avviva, il cor stanco ricrea,
A languidi pensier porgi soccorso,
14Che io non dispero alfin fronde Febea.
XV
PER LA SIGNORA FLAMINIA CICALA
Mascherata alla Villanesca.
Giovane fiamma di cortesi Amanti,
Siccome il nome suo chiaro ne dice,
Vidi lieta vestir silvestri manti,
4Quasi vaga de’ boschi abitatrice;
E colà gir, dove fra suoni e canti
Volgeva per amor notte felice,
A i cupid’occhi altrui de’ suoi sembianti,
8Ma non di sue bellezze involatrice.
Ivi finta amorosa villanella
Vinse tutt’altre infra le gemme e gli ori,
11Ed acquistossi titolo di Bella:
Apriva piaghe, minacciava ardori,
Tendeva lacci, sospingea quadrella;
14Gli occhi addolciva, e tormentava i cori.
XVI
PER LE SIGNORE
GIULIA ED AURELIA GAVOTTE
Mascherate alla Zingaresca.
Chi fur le due, che il vivo minio ascose
Del viso lor sotto sembianti neri,
Non men faceano l’anime giojose
4Con esso i finti, che co’ volti neri?
Fur due, che ricche di tesori alteri,
Pur di preda trascorrono bramose,
Non già dell’or, ma degli altrui pensieri
8Rapacissime Zingare amorose.
Se d’Egitto ver noi preser sua via,
Ben ha pregi l’Egitto all’età nostra,
11Ond’ei più che del Nil viva felice:
Ma se l’Arabia verso noi l’invia,
Certo l’Arabia a noi chiaro dimostra,
14Che più soggiorna in lei d’una Fenice.