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146 poesie

II

Si duole.

Lunga stagione io spesi in traer guai,
     E di lagrime calde in petto aspersi,
     Ed affanni acerbissimi soffersi,
     Nè tanto di martir vi piegò mai.
     Ah sdegno! ah feritate!
     Occhi, non dirò più, non v’adirate.

III

Si pente.

Dove misero mai
Sperar deggio conforto a’ dolor miei,
Se più pena provai
Là dove più godei?
Ah di più desïar cessi la mente!
In Amor il più lieto e il più dolente.

IV

Al Nome della sua Donna.

Per quell’alta foresta in nobil pianta
     Scrissi il nome, che in petto Amor mi scrive:
     Onde ogni Dio selvaggio ognora il canta,
     E sdegno n’han le boscherecce Dive:
     Or lo scrivo del mar su queste rive,
     A ciò cantando ogni suo Dio l’onori,
     E ve ne incresca, o Galatea, e Dori.

V

Ardire e speranza.

Subito che vi miro,
     Ira di duo begli occhi acerba, e forte
     Con arco teso mi disfida a morte;
     E se giammai pavento
     Di quelle ciglia il minaccioso ardore,
     Grida mio pensamento:
     A colpi di bellezza altri non more.
     Chi del regno d’Amore
     Osa ponere il piè dentro alle porte,
     Di speranza e d’ardir faccia sue scorte.

VI

Chiede sguardi.

Sul punto di mia morte,
     Occhi, d’un guardo non mi siate avari,
     E sia di quei, che sono a voi men cari.
     Con sollecito studio Amor non terga
     I rai di sua beltate,
     E col riso, e col giuoco, e col diletto,
     Nè di quella dolcezza egli l’asperga,
     Nè di quella pietate,
     Che altrui ragiona i freddi cor nel petto:
     Solo un giro negletto
     Un momento gli spirti mi rischiari;
     Nè fian morendo i miei sospiri amari.

VII

Si duole, e prega la sua Donna.

Donna, da voi lontan ben volgo il piede
     Dal mio grado sovente,
     Ma per opra d’Amor celatamente,
     Il cor mettendo piume, a voi sen riede;
     Nè mai dagli occhi, ond’io morir, bramai,
     Un guardo rivolgete,
     A via più riscaldar gli altrui desiri;
     Nè dalla bocca, ond’io mia morte amai,
     Un riso disciogliete,
     Che come meraviglia ei nol rimiri;
     Indi verso di voi manda sospiri,
     E delle gravi pene,
     Che per troppo di fuoco egli sostiene,
     Con voce di pietà grida mercede.

VIII

Al Riso, e Sguardo di Bella Donna.

Chi nudrisce tua speme,
     Cor mio, chi fiamma cresce a’ tuoi desiri?
     Duo begli occhi lucenti.
     Chi raddolcisce il fiel de’ tuoi martiri?
     Pur duo begli occhi ardenti.
     E chi ti doppia, e chi t’inaspra i guai?
     Di duo begli occhi i rai.
     Ma chi t’ancide, e chi t’avviva anciso?
     Di duo begli occhi il riso.

IX

Teme tradimento.

Son fonti di gioir gli occhi ond’io vivo,
     Pur s’io vi miro intento
     Io veggio cosa in loro, onde ho tormento.
Non che nebbia di sdegno
     Osi giammai turbarne il bel sereno,
     Od apparisca segno,
     Che pietate d’Amor venga in lor meno;
     Raggio non han, che altrui scenda nel seno
     Mai per istraggimento,
     Nè mai di pena altrui fan suo contento.
Infinito diletto
     A quelle ciglia intorno si raggira,
     E trapassa nel petto
     Infinito conforto a chi vi mira:
     Or quale è cosa in lor, che mi martíra,
     Sicchè perir mi sento?
     Vaghezza d’amoroso tradimento.

X

Chiama gli occhi a confortare le sue pene amorose.

Schiera d’aspri martìri
     Dà battaglia di morte alla mia vita:
     Lume di duo begli occhi aita, aita.