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140 | poesie |
Vigore agli occhi miei:
Deh come mai potei così lasciarvi,
Per più non rimirarvi,
15O pupillette, ancorchè ingrate e rie,
Care a me più che le pupille mie!
Privi della sua luce
Non han più gli occhi miei giorno sereno,
Se il Sol, che loro era sostegno e duce,
20Sparito è qual baleno.
Occhi, or voi che farete in tanto duolo?
So, che vi resta solo
Speranza ancor di riveder quei rai,
Lieve, ma pur conforto in tanti guai.
CANZONETTE MORALI
I
Che vuol lasciare i versi profani, e pensare
a’ sacri misterj.
L’acqua Ippocrenia,
E l’ombre Aonie,
Si mi sorpresero,
Che sol Calliope,
5E sol Melpomene
Soffriva udir.
Canti piacevoli,
Che il pregio d’Elena
Distrusse l’Asia,
10E che Penelope
Vale col tessere
Tanto a schernir.
L’arco d’Apolline
Ama percotere
15Segno di favole:
Ma che? le favole
Nulla non giovano
Al ben morir.
Ninfe Castalie
20Oggi accomiatomi;
Addio, restatevi:
Altre Pierie
Su per lo Libano
Prendo a seguir.
25Inclite Vergini,
Che non trastullano
Scherzando i popoli,
Ma l’alte glorie
Di Dio grandissimo
30Ci fan sentir:
Che dall’Etereo
Seggio ineffabile
Degnò descendere,
E carne fragile,
35Siccome gli uomini,
Volle vestir.
In sul Calvario
Non ebbe in odio
Tronco d’infamia:
40Tanta clemenzia
Di quelle viscere
Chi può capir?
Anima, pensaci,
Ne senza lagrime
45L’ore, che avanzano,
Non si vuol perderle;
Piangi, che il piangere
Fia tuo gioir.
II
AL SIGNOR GIOVANNI SORANZO
Che le grandezze umane non rendono
l’uomo felice.
Il cammin di mille navi,
Che gli Achei,
O Soranzo, a guerra armaro,
Con indugi acerbi e gravi
5Austri rei
Nel sen d’Aulide fermaro;
Ivi il mare e l’aer chiaro
Per aver, facean preghiera
L’alme schiere peregrine,
10Quando al fine
Si spiegò, siccome vera,
Tal sentenza atroce e fiera:
Se tranquilla a far partita
Aspettarsi
15Mai dovea l’umida via,
Convenia la nobil vita
Consumarsi
Della bella Ifigenia:
Dal fermar legge si ria
20Ogni spirto era lontano
Tra il furor di quelle squadre;
Solo il Padre
Tutti i prieghi udiva in vano:
Cor di selce in petto umano.
25Poichè in van fece lamenti
Per la luce
A ciascun soave e grata,
Tra gli iniqui altari ardenti
Si conduce
30La donzella sfortunata:
Ivi il colpo inginocchiata
Con le mani al petto attende,
Fatta neve il nobil volto;
Ne va molto,
35Che il coltello ampio discende,
Onde a terra ella si stende.
A veder scure le ciglia,
Ove ardea
Poco dianzi un bel sereno,
40A veder l’onda vermiglia,
Che tingea
L’alabastro del bel seno,
Nullo a’ pianti: nullo il freno
Por s’ingegna a’ suoi dolori
45Per pietà dell’infelice,
Maledice
Ogui lingua i rei furori
Degli sdegni, e degli amori.