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del chiabrera 135

     20Io son cenere omai?
     Aure fresche, aure alate,
     Che peregrine andate
     In questa parte e in quella,
     Deh recate novella
     25Dell’alma luce loro,
     Aure, che me ne moro.

LXXVIII

Che egli è per amar sempremai.

Soave libertate,
     Già per sì lunga etate
     Mia cara compagnia,
     Chi da me ti disvia?
     5O Dea desïata,
     E da me tanto amata,
     Ove ne vai veloce?
     Lasso! che ad alta voce
     Invan ti chiamo e piango:
     10Tu fuggi, ed io rimango
     Stretto in belle catene
     D’altre amorose pene,
     E d’altro bel desio:
     Addio, per sempre addio.

LXXIX

Duolsi dell’Instabilità.

Occhi, che alla mia vita
     Deste un tempo ferita
     Piena di tal diletto,
     Che io vi offeriva il petto;
     5Qual novella vaghezza
     Cangia vostra bellezza
     Per via, che alla mia vita
     Or non date ferita,
     Piena di tal diletto,
     10Che io v’offerisca il petto?
     Stelle vaghe lucenti,
     Conforto de’ tormenti,
     Specchi d’ogni beltate,
     Dove, dove lasciate
     15La dogliosa mia vita,
     Cni già deste ferita,
     Piena di tal diletto,
     Che io vi offeriva il petto?

LXXX

Loda le guance.

Vaga su spina ascosa
     E rosa rugiadosa,
     Che all’alba si diletta,
     Mossa da fresca auretta;
     5Ma più vaga la rosa
     Sulla guancia amorosa,
     Che oscura, e discolora
     Le guance dell’Aurora:
     Addio, Ninfa de’ fiori,
     10E Ninfa degli odori,
     Primavera gentile,
     Statti pur con Aprile;
     Che più vaga, e più vera
     Mirasi primavera
     15Su quella fresca rosa
     Della guancia amorosa,
     Che oscura e discolora
     Le guance dell’Aurora.

LXXXI

Loda gli occhi.

Se ridete giojose,
     Dolci labbra amorose,
     Non sa mostrare Amore
     Pregio d’Amor maggiore
     5In alcun nobil viso,
     Che il vostro bel sorriso;
     E pur ne mostra Amore
     Pregio d’Amor maggiore
     Nel vostro nobil viso,
     10Col lampeggiar d’un riso,
     Se ridono giojosi
     Gli occhi vostri amorosi.

LXXXII

Duolsi.

Dal cielo almo d’un volto,
     L’almo mio Sol s’è tolto,
     Del bel sorriso io dico;
     Un di pietà nemico
     5Sdegno repente apparse,
     E turbido il cosparse
     Di mille nebbie oscure
     In un momento; e pure
     Ei non è men lucente,
     10Io son ben più dolente.

LXXXIII

Bella mano.

O man leggiadra, o bella Man di rose,
     Rose non di giardin,
     Che un oltraggio di Sole a mezzo giorno
     Vinte conduce a fin;
     5Ma rose, che l’Aurora in suo ritorno
     Semina sul mattin.
Per adornarti, o Man, non tesser fregi
     Nè di perle, nè d’ôr.
     Per tutte le altre mani, o Man, s’apprezza
     10Di Gange il gran tesor;
     E per te sola, o Man, somma ricchezza
     Il tuo puro candor.
Dunque leggiadra, e bella Man di rose,
     Che di te dir si può?
     15Lodi altere diran lingue amorose,
     Io le mi tacerò,
     Perchè la tua bellezza, o Man di rose,
     Il cor mi depredò.