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del chiabrera | 133 |
LXIX
Avverte che in Amore sono guai.
Alma mia, mossa pur sei
Per volartene a colei,
Che non sa che sia pietà;
Che nudrisce in mezzo al core
5Non so qual mostro d’Amore,
Che n’alletta con beltà.
Alma folle, a che ten vai
A raccôr messe di guai
In campagna di martír?
10Ferma il volo, odi i miei prieghi:
Per tua morte i vanni spieghi:
Mal si segue un van desir.
Non ti niego, e certo è vero,
Goderai d’un lume altero,
15Che fa notte ai rai del Sol;
Ma per tanto il si gran lume
Insinora ha per costume
Non creare altro che duol.
Miser’alma, ecco il periglio,
20Credi, credi al mio consiglio,
Miser’alma, e non volar;
Ma se pure a volar prendi,
Creder dei, che un’arte apprendi
Di bearti con penar.
LXX
Chiede pietà dagli occhi di bella Donna.
Begli occhi lucenti,
Che a forza di foco
In riso ed in gioco
Tornate i tormenti:
5Begli occhi lucenti,
Se tanto vi adoro,
Volgete pietosi,
Vedete, che io moro.
Appena respiro
10Nel grave mio duolo,
E l’alma sul volo
Si fa d’un sospiro;
E pure io non miro
Se non feritate:
15Cangiate costumi,
O fulgidi lumi,
Pietate, pietate.
LXXI
Si consola con la sua Donna.
Non così tosto io miro
Il vostro vago ardore,
Che cessa ogni martíro,
Onde m’affligge Amore;
5Cotanto ha di valore,
Occhi, vostra beltà.
Uscir dal fianco ardente
Sospir non ha diletto,
Ne fa sentir dolente
10La lingua alcun suo detto,
Ne giù per gli occhi al petto
Pur lagrima sen va.
L’alma, che sbigottita
Degli affanni mortali,
15Ama fuggir la vita
Per si fuggir suoi mali,
Lascia in riposo l’ali,
E più nel cor si sta.
Sgombra nuova dolcezza
20Dal viso ogni mia pena,
E non so qual chiarezza
Mia fronte rasserena,
Che d’atro duol ripiena
Mette in altrui pietà.
25Tutta al fin si ravviva
La mia vita amorosa,
Qual fiore in fresca riva
All’alba rugiadosa,
O qual serpe squamosa
30A’ Soli dell’està.
Tanto poss’io contarvi,
Begli occhi, di mio stato;
Ma se viene in mirarvi
Altri si fortunato,
35Deh quanto fia beato
Chi mai vi....!
LXXI
Alla Rosa.
O Rosetta, che rossetta
Tra il bel verde di tue frondi
Vergognosa ti nascondi,
Come pura donzelletta,
5Che sposata ancor non è.
Se dal bel cespo natio
Ti torrò, non te ne caglia;
Ma con te tanto mi vaglia,
Che ne lodi il pensier mio,
10Se servigio ha sua mercè.
Caro pregio il tuo colore
Tra le man fia di colei,
Che governa i pensier miei,
Che mi mira il petto e’l core,
15Ma non mira la mia fe.
Non mi dir come t’apprezza
La beltà di Citerea;
lo mel so, ma questa Dea
E di grazia e di bellezza
20Non ha Dea sembiante a sè.
LXXIII
Loda gli occhi.
Si da me pur mi disviano
I pensier, che vi desiano,
Che di me nulla non so;
Però gli occhi, onde dilettami
Amor più, quando ei saettami,
Sulla cetra io canterò.
Occhi bei, che alme infiammassero,
O che dolce i cor legassero,