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118 | poesie |
Bella Fenice,
Su fa felice
Mia vista desiosa;
40E se tuoi passi
Giammai fien lassi,
Vienimi in grembo, e posa.
XXV
Invita Clori a cantar seco le glorie
di Ferdinando Gran Duca.
Dal cor tragge nocchier sospiri amari,
Quando Austro reo
Gonfia l’Egéo,
Rompendo il corso de’ pensieri avari.
5Quando cosparte
E vele e sarte,
Quando è il timon sdrucito,
Allor dolente
Volge la mente,
10E volge gli occhi al lito:
Ah desiderio uman soverchio ardito,
Che gir t’invogli
Là ’ve i cordogli
Frequenti sono, ed i piacer son rari!
15Per l’Oceáno
Erri lontano
Chi prezza gemme, ed ori;
Ma dal bell’Arno
Rimove indarno
20Speme di gran tesori:
Qui di stabile April ridono i fiori;
Qui, s’ei sormonta,
Qui s’ei tramonta,
Del Sole i raggi per lo ciel son chiari.
25Vani desiri
Co’ rei martiri
Non più ci stieno intorno:
Che pompa, ed ostro?
Il viver nostro
30Puossi chiamare un giorno:
Cingiti Clori di bel mirto adorno,
E di rubini
Cospargi i crini,
Via più che lucid’oro, a mirar cari.
35Per val di Sieve,
Per val di Grieve,
Clori, moviamo il piede;
E sul Mugnone,
O sull’Umbrone
40Facciam tranquilla sede:
La cetra, onde di Dirce io sono erede,
In man mi reco,
Tu giungi seco
Tua voce eletta, che racqueta i mari.
45A gran diletto
Traggi dal petto
Note di canti egregi,
Ed ogni vento
Ascolti intento
50Di Ferdinando i pregi:
Sorvoli di splendor su gli altri Regi
Il suo gran vanto;
E col tuo canto
Ciascuna lingua a celebrarlo impari.
55Dal cor tragge ec.
XXVI
Lontananza.
Già mi dolsi io, che acerbo orgoglio
Del mio bel Sol turbasse i rai,
Sicché ria nube di cordoglio
Lunge da me non gisse mai:
5Già mi dolsi io, ch’empio veneno
Di gelosia m’empiesse il seno
Sicchè mio cor sen venía meno.
Or che lontan da’ cari ardori
Provo d’Amor le vere pene;
10Oso giurar, che a quei dolori
Nome di duol non si conviene:
Lasso, che Amor non dà ferita,
Che all’amator tolga la vita,
Salvo con stral di dipartita.
15Occhi sereni, al cui bel foco
Ore godei tranquille e liete,
Ben mi rivolgo al dolce loco,
Ove si lunge ora splendete;
Ma perchè sempre a voi mi giri,
20Mai non avvien, che io vi rimiri
Unico segno a’ miei desiri.
XXVII
Amore rende contento.
Già non vo’ biasmarti, Amore,
Che ad ognor m’infiammi ed ardi,
Poichè in me da si bei guardi
Ad ognor vibri l’ardore.
5Vissi allor nojosa vita,
Mentre gel fu il viver mio;
Poichè accese il mio desio
Bellezza alta ed infinita,
Di dolcezza ho colmo il core.
10O che verno il cielo oscuri,
O che Aprile il rassereni,
O che l’Alba il di ne meni,
O pur ch’Espero ne ’l furi,
Io non so che sia dolore.
15Benchè in mar Nettun si sdegni
Sollevando ed onde e spume,
lo co’ rai del mio bel lume,
D’Oceán trascorro i regni,
Ne m’assale unqua timore.
20Là ’ve Marte il non mai stanco
Di sbranar le membra sparte,
Fa di strazio orribil’arte,
lo men vo sicuro e franco,
Pur co’ rai del tuo splendore.
25Or che stato ha si gran fama,
Che s’agguagli all’amoroso?
O qual cor fia mai ritroso,
Quando seco Amore il chiama?
Se begli occhi han tal valore,
30Già non vo’ biasmarti, ec.