Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
116 | poesie |
Iti son forse al vento
I pregi di sua fè?
40E l’altrai giuramento
Non ha fermezza in sè?
Occhi miei, dove omai,
Dove vi volgerò?
Lunge da quei bei rai,
45Ah! che mirar si può?
Lassa, che oltra il costume
Fammisi notte il dì,
Si spense ogni mio lume
Il Sol, che a me sparì.
50Unico mio conforto,
Ove soggiorni tu?
Scampo del mio cor morto
Non ti vedrò mai più?
Sì con note amorose
55Ninfa gentil cantò,
Poi le guance di rose
Di bel pianto rigò.
XIX
Guardato dalla sua Donna non cura il morire.
Chi v’insegna d’uccidere,
E lieti poi sorridere
Sovra la morte altrui,
Occhi sempre dolcissimi,
5Occhi sempre acerbissimi,
Onde io son servo, e fui?
Se l’Alme, che vi onorano,
E se i cor, che vi adorano,
Han per voi da morire,
10Occhi, paventerannovi,
Ed a nome dirannovi
Le stelle del martíre.
Ma pur che non s’adirino,
A morte ognor mi tirino
15I vostri lampi ardenti,
Che il morir non annojami,
Quando disfatto io mojami
A’ bei guardi lucenti.
Deh che liete fiammeggino,
20Deh che liete lampeggino
Sotto le pure ciglia
Le pupille, onde piovono,
Se con pietà si muovono,
Dolcezze a meraviglia.
25Purchè liete sorridano,
Ognora ognor m’ancidano
Entro incendi infiniti.
Beati appellerannosi,
Del morir vanterannosi,
30Gli spirti inceneriti.
XX
Che sua Donna è bella,
ma che a lui ne viene cordoglio..
Del mio Sol son ricciutegli
I capegli
Non biondetti, ma brunetti;
Son due rose vermigliuzze
5Le gotuzze,
Le due labbra rubinetti.
Ma dal dì, ch’io la mirai,
Fin qui mai
Non mi vidi ora tranquilla,
10Che d’amor non mise Amore
In quel core
Nè pur piccola favilla.
Lasso me! quando m’accesi,
Dire intesi,
15Ch’egli altrui non affliggea;
E che tutto era suo foco
Riso e gioco,
E ch’ei nacque d’una Dea.
Non fu Dea sua Genitrice,
20Come Uom dice,
Nacque in mar di qualche scoglio,
Ed apprese in quelle spume
Il costume
Di ci dar pena e cordoglio.
25Ben è ver, ch’ei pargoleggia,
Ch’ei vezzeggia,
Grazioso pargoletto:
Ma così pargoleggiando,
Vezzeggiando,
30Non ci lascia core in petto.
O qual’ira, quale sdegno
Mi fa segno,
Che io non dica, e mi minaccia!
Viperetta, serpentello,
35Dragoncello,
Qual ragion vuol, che io mi taccia?
Non sai tu, che gravi affanni
Per tant’anni
Ho sofferti in seguitarti?
40E che? dunque lagrimoso,
Doloroso,
Angoscioso ho da lodarti?
XXI
Loda la sua Diva.
Quale appare Iri celeste,
Che si veste
Di bell’ostro, e di bell’oro,
Che il Sol chiama, che riduce
5L’alma luce,
Tal appar questa, che onoro.
E da lei fra riso e gioco
Esce foco,
Foco tal, che ci ricrea;
10E se mai di strazio è vaga,
Ci fa piaga,
Piaga tal, ch’ella ci bea.
Sì dal viso innamorato
Piove stato
15Per ciascun sempre felice,
O ne regga disdegnosa,
Minacciosa,
O benigna allettatrice.
Vana in mar Tetide, e Dori,
20Vana Clori
Per lo ciel cantarsi intese,
Vana Diva ebbe Citera,
Ma ben vera
Puossi dir la Savonese.