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112 poesie

40Se Saturno ha per costume
     Di cangiar, venuto amante,
     Suo sembiante,
     E formare alti nitriti;
     E se Giove or veste piume,
     45Or trabocca in pioggia d’oro,
     Ora toro
     Dell’Egeo trascorre i liti;
     E se il Sol fonti fioriti
     Dietro a gregge
     50Va cercando, e fresche aurette,
     Certo invan più nobil legge
     In amando Uom si promette.
Manterran forse rinchiuse
     Qui l’orecchie i folli amanti,
     55Ed i canti
     Favolosi avranno a scherno:
     Non si schernano le Muse:
     Esse dir sotto alcun velo
     San del Cielo
     60I segreti, e dell’Inferno.
     Ma scopriamo il senso interno
     De’ miei versi,
     S’ei fin qui non si comprese:
     Cosa degna di sapersi,
     65È dover che sia palese.
Quali amando ingiurie ed onte
     Non sofferse, o quali affanni,
     O quai danni
     Il famoso Antonio in guerra?
     70Può di lauro ornar la fronte,
     Può gridarsi a grande onore
     Vincitore
     E del mare e della terra;
     Pur così trascorre ed erra,
     75Che abbandona
     Le sue squadre fuggitivo,
     E sul Nilo s’imprigiona
     A morir quasi cattivo.
Le corone desïate
     80D’Orïente e d’Occidente,
     Star possente
     In sul giogo di Tarpea:
     Al fin vita e libertate,
     Non poteo poco, nè molto
     85Contro il volto
     D’una donna Canopea.
     Or lasciam questa si rea
     Disventura,
     E volgiam nostri vestigi
     90A mirarne altra più dura
     Sulla riva del Tamigi.
Non fioriva al Mondo esempio
     Di valor, d’ogni atto egregio,
     D’ogni pregio,
     95A dì nostri il buono Enrico?
     Qual cagion sanguigno ed empio,
     Qual di strazio e di tormento,
     Qual d’argento,
     Oltre il giusto il fece amico?
     100Quando a Roma aspro nemico
     Il gran Dio
     Ei sprezzò, qual cosa vile,
     Tal furor non fu desío
     Di vil guancia femminile?
105Lunghe lagrime e querele,
     Lunghi all’Asia oltraggi e torti,
     Lunghe morti
     Apportò l’Argiva Eléna;
     Ma destin non men crudele
     110Nè men grave a sofferirsi
     Fe’ sentirsi
     Per l’Europa Anna Bolena.
     Quanti Amore, ah tanti appena
     Sparge guai
     115Odio acceso in alma altera!
     Ove è Amor, non corra mai
     Altra Aletto, altra Megera.

XI

Si duole, e si contenta de’ suoi tormenti.

Io pure il sento, ahi lasso! io pure il miro,
     Ma chi mel crederà?
     Begli occhi, un vostro sguardo, un vostro giro
     Non giammai con pietà?
     5Mai sempre ingiurïosi,
     Mai sempre minacciosi,
     Atroce esempio di crudel beltà?
Amore, idolo rio de’ ciechi amanti,
     È questa la mercè?
     10Un tuono di sospiri, un mar di pianti
     Conviensi a tanta fè?
     Certo che giù nel seno
     Di rabbia il cor vien meno,
     Se io non armo la lingua incontro a te.
15Ah che non Citerea ti strinse al petto,
     Ah che non ti nutri!
     Anzi in val d’Acheronte orrida Aletto
     Empia ti partorì;
     E dell’armi possenti,
     20Per nostri rei tormenti,
     E per onta di te, pur ti guernì.
Che fai della faretra, e che dell’arco,
     Che tutto il Ciel domò?
     Attendi, o traditore, un’alma al varco,
     25Che mai non t’oltraggiò;
     Poi contra un viso acerbo,
     Poi contra un cor superbo
     L’ingiustissima man scoccar nol può.
Or se chi più ti spregia in terra è lieto,
     30Qual regnator sei tu?
     Sciocco Fanciul, fra’ regni un tal decreto
     Udito mai non fu.
     Oh neghittoso nume,
     Cangia oramai costume,
     35Non sofferir cotanta infamia più.
Oscura tu del guardo i rai divini,
     Onde superbo va;
     E di quell’oro impoverisci i crini,m
     Che paragon non ha;
     40E dell’avorio schietto
     Fa crespe in sul bel petto,
     Così dall’alto orgoglio al fin cadrà.
O se le fresche rose in sul bel viso
     Fiorir non vede più;
     45E se da’ lampi si scompagna il riso,
     Che tanto han di virtù,
     Oh quanti udrem sospiri,
     Quanti vedrem martíri,
     E quai fiumi dal ciglio andarsen giù!