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perchè se del Chiabrera convien dire che lottò contro i tempi, e che migliore di essi, cercò d’arrestarli sul pendio del corrompimento, del Testi è forza soggiungere che fu in parte formato dai tempi stessi, e che dall’essere in tutto traviato lo salvarono il proprio ingegno e le sofferte sventure. E infatti traendolo l’ingegno ai soggetti morali ed allo studio di Orazio, egli potè trovare nella trattazione dei primi una specie di freno agli abusi della fantasia, trovar nell’imitazione dell’altro un ritegno contro la corruzione dello stile. Le disgrazie poi ch’egli ebbe a patire, movendolo ad ira contro il secolo, e segnatamente contro i vizj che prevalevano nelle corti, contro le brighe ed i raggiri che vi dominavano, trusfusero ne’ suoi versi una vera efficacia di tuono, e fecero ch’essi diventassero una genuina rivelazione dell’anima sua. Noi non osiamo affermare che tale sia veramente il carattere delle poesie del Testi: ma ci pare che possa di primo tratto affacciarsi a chi conosce le vicende della sua vita, delle quali crediamo opportuno di far qualche cenno, che ricaviamo dal Tiraboschi e dal Corniani.
Fulvio Testi nacque in Ferrara nel 1593, e sin dal 1612 egli era salito in fama di valore poetico nella sua patria; ma non per tanto si crede che l’anno dopo, entrando al servigio della corte di Modena, non vi avesse se non l’ufficio di copista. Nel 1613 si condusse a Roma, dove conobbe il Tassoni, e di là a Napoli, dove strinse amicizia col cavaliere Marino. Nel 1617 pubblicò un’edizione delle sue Rime, dedicata a Carlo Emanuele, duca di Savoja, per la quale gli convenne andar esule, perchè il governo Spagnuolo, irritato da alcune sue espressioni, si diede a perseguitarlo. Come il duca di Savoja ebbe notizia di questo esiglio patito dal Testi, in conseguenza delle poesie a lui dedicate, lo nominò cavaliere dell’ordine de’ santi Maurizio e Lazzaro: dopo di che il duca Cesare d’Este gli assegnò una pensione, fregiandolo dello strano titolo di suo virtuoso di camera. Per l’onore delle lettere e degli ingegni, è lieto a pensare che siffatto titolo sia a dì nostri serbato a cantanti.
Questi ed altri favori concessi al Testi, destarono l’invidia degli emuli suoi; ed egli medesimo, per usare le parole d’un valente scrittore, o che la nuova fortuna lo insuperbisse, o che la propria natura a questo il traesse, si attirò l’inimicizia di molti così in Modena come altrove; ed a poco a poco si disaffezionò anche l’animo de’ suoi Signori, de’ quali più volte perdette e riebbe la grazia. Pare soprattutto