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90 | poesie |
Tutte quelle arricchir povere mura.
Veggo nobil pittura,
Parto del tuo pennello,
45Tutte addolcir le ciglia,
O mio gentil Castello:
Leggiadra meraviglia
I peregrini ingombra,
Sì con la man dell’arte
50Son le chiarezze sparte
Contra gli orror dell’ombra.
Quanti popoli muti,
E sull’aria nembosa,
E sulla terra erbosa
55Girano i guardi, e fanno udire i detti?
Qui turba di canuti,
Che da lontan predisse;
E chi mirando scrisse
A ricolmar d’alta dolcezza i petti,
60Ma sotto varj aspetti,
L’eterna imperadrice
Or divien Madre, ed ora
Va su strania pendice;
Or su nel Ciel s’adora,
65E le labbra sue stesse
Muove a pro de’ viventi:
Noi tristi e noi dolenti,
Se così non facesse!
Tal ne dipingi; intanto
70Le peregrine voci
Van per l’aria veloci,
Ammirando il valor della tua mano;
Ma con più chiaro vanto
Viva fama l’estolle
75In su sacrato Colle,
Ove Pietro ha sua reggia in Vaticano:
Là del pensiero umano
Trapassa ogni ardimento
Incomparabil mole
80Degli occhi altrui spavento:
Non vede altrove il Sole
Opre di man sì rare,
Pur tra le più gradite
Tue tele colorite
85Quivi a mirar son care.
Schiera del ciel diletta
Allor che il dì s’asconde,
Ara co’ remi l’onde
Dell’alma Galilea per la riviera;
90Pietro sull’acque affretta
Fuor della nave il piede
Tosto che gir vi vede
Il suo Signor, che all’universo impera:
Il suo cammin dispera,
95Ed al Maestro grida;
Egli la man gli porge,
Ed a salute il guida,
Chi ciò scorge, non scorge,
Castel, colori e tele,
100Scorge animata gente:
Tanto sì bene ei mente
Il tuo pennel fedele.
CANZONI MORALI
I
PER MARTIN LUTERO
Già di vivace allôr presso Elicona,
Meraviglioso fonte,
Io posi a’ Cavalier bella corona
Pur di mia mano in fronte,
5Del chiaro nome loro
Fregiando i versi miei vie più che d’oro
Or, nè senza ragion, cangio costume,
E sulla riva a Dirce
Mostro a’ candidi spirti il sucidume
10D’un vil porco di Circe,
Ingrassato di ghiande,
Ch’eretica Megera al mondo spande.
Adunque orgogli, e contra il ciel dispregi,
Impudicizia tetra,
15Mense carche di vin, fier sacrilégi,
Risonerà mia cetra;
Chè per cotal sentiero
Su Pindo va chi vuol cantar Lutero.
Ma chi sviollo, e dell’Olimpo eterno
20Gli chiuse il cammin destro?
Lucifero, atro regnator d’Averno,
A lui si fe’ maestro,
E con sue mani istesse
Tartarea legge in mezzo al cor gl’impresse.
25Quinci infestar, quinci calcar per terra
Chiostri sacrati, e celle,
Odiar digiuni, a castità far guerra,
Dismonacar donzelle
Offerte in giuramento,
30Ed arder le reliquie, e darle al vento.
Nè sì tosto ebbe fermo il voto indegno,
Che giù da’ campi stigi
Sorsero mostri, e per l’aeréo regno
Fûr visti aspri prodigi;
35Ed il fellon fe’ piano
Con gran furor, che non fûr visti invano.
Qual se torbido gli occhi, e se spumante
Di calda bava il dente,
Cinghiale in orticel mette le piante,
40Ivi dentro repente
I cari alberi svelle,
E mena a strazio fier l’erbe novelle:
Tal costui, di chi parlo, empio degli empi,
Corse la Chiesa; ed ivi
45D’ogni bella virtù leggi ed esempi
Invidïando a’ vivi,
Tutti sossopra ha vôlti,
E tolto ogni suffragio anco a’ sepolti.
Or pensando su ciò chi non paventa,
50Chi non erge le chiome?
Chi forte nol bestemmia, ove rammenta
L’abbominato nome?
Fetor, lorda carogna,
Per cui Sassonia ingombra alta vergogna.