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In questo volume gl’Inni Omerici sono disposti in una maniera un po’ differente dalla solita. Ai primi cinque inni maggiori ne ho uniti altri due: «Dioniso o i Pirati» e «L’Inno a Pan», che, insieme con quelli, formano un nucleo che ha vera entità d’arte e di poesia; e ho separati, in un altro gruppo, gli altri, che ne presentano poca o nessuna.

L’indole degl’Inni è tale, che ciascuno di essi vuol essere considerato e discusso separatamente; e perciò, a ciascuno dei maggiori ho premessa una breve introduzione. Tuttavia, non sembrerà superflua qualche osservazione d’indole generale.

La raccolta degli Inni, su per giù quale ora la possediamo, esisteva già ai tempi di Cicerone. Gl’Inni, almeno separatamente, erano già conosciuti dagli Alessandrini, perché Callimaco palesemente li imita. Tucidide conosceva l’Inno ad Apollo Delio, ed esplicitamente lo dichiarava omerico.

Ma, a parte la paternità omerica, la varietà di lingua ed anche di colorito, che intercede fra i varii inni, rende poco verisimile l’ipotesi che siano d’un solo poeta.