con me venite insieme, le voci sciogliete al peana,
sinché giungiate là dove avrete il bellissimo tempio».
Cosí parlava; e come parlò, cosí fecero quelli.
Sciolsero prima di tutto le funi, calaron le vele,
l’albero nella corsía deposer, mollando gli stragli,
scesero quindi anch’essi sovressa la spiaggia del mare.
Poscia la nave negra tirarono in secco alla spiaggia,
alta sovra la sabbia, vi stesero sotto i puntelli;
sopra la spiaggia poi del mare costrussero l’ara;
e quindi, acceso il fuoco, bruciatavi bianca farina,
come avea detto il Nume, pregarono presso all’altare.
E, stando presso al negro naviglio, partirono il cibo,
libagïoni a tutti facendo i Signori d’Olimpo.
E poi che fu placata la brama del cibo e del vino,
mossero; e innanzi Apollo moveva, il figliuolo di Giove,
che, dolcemente reggendo la cétera, citareggiava,
movendo ardito e snello: seguíano alla volta di Pito,
battendo il suol coi piedi, cantando il peana, i Cretesi.
Sono i peani questi, che intònano, quando la Musa
ispira ad essi i canti piú dolci del miele, i Cretesi.
Senza stanchezza, a piedi, ripírono il colle, e al Parnaso
furono giunti presto, gradevole terra, soggiorno
ov’essi a molte genti sarebbero segno d’onore.
E il tempio ad essi il Dio mostrava, ed i sacri recessi.
Trepido allora il cuore balzava a ciascuno nel petto;
e dei Cretesi il duce si volse ad Apollo, e gli chiese:
«Qui, dagli amici lungi, dal suol della patria, o Signore,
tu ci guidasti: questo disegno fu caro al tuo cuore.
Ma or, come vivremo? Chiediamo che questo ci dica.