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42 INNI OMERICI 134-163

ma di Nerèo l’accolse la figlia dai piedi d’argento,
Tètide, e lo recò fra l’altre sorelle. L’avesse
fatto piuttosto a qualche altro dei Súperi, questo favore!
Tristo e che altro mai, d’inganni orditore, or disegni?
Osato hai generare da solo la Diva occhiazzurra?
Nata non è dal mio grembo: ma pure, tua figlia chiamata
sempre sarà fra i Numi che vivono in cielo beati.
Ebbene, anch’io vo’ modo trovare che venga alla luce
un figlio mio, che sia distinto fra tutti i Celesti,
senza però macchiare né il sacro tuo letto né il mio.
Ma piú nel tuo giaciglio non voglio venire: in disparte
voglio star lungi da te, crucciata con tutti i Celesti».
     Detto cosí, si ritrasse sdegnata lontano dai Numi;
poi súbito una prece la Diva dagli occhi rotondi
Era levò, con la mano supina toccando la terra:
«O Terra, e Cielo ch’ampio sovrasti, ora datemi ascolto,
e voi Titàni, Dei che nel Tartaro grande, sotterra,
soggiorno avete, e siete degli uomini padri e dei Numi.
Porgete ascolto a me tutti quanti, ed un figlio a me date
senza il concorso di Giove, di Giove non meno gagliardo,
anzi, tanto piú forte di lui quanto Giove è di Crono».
     E, così detto, la terra sferzò con la mano possente;
onde si scosse la terra datrice di vita; e, vedendo
ciò, s’allegrò la Dea: ché compiuta crede’ la sua brama.
Da quell’istante, poi, pel volgere intero d’un anno,
piú non ascese il letto di Giove dal senno profondo,
piú non sedea, come prima sedere soleva, sul trono
multicolore, volgendo nell’animo accorti disegni;
ma, rimanendo nei templi, fra molte preghiere, la santa
Era, dagli occhi rotondi, godea delle sacre sue feste.