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48-75 AD APOLLO PIZIO 39


     Anche di qui movesti, Signore che lunge saetti,
venisti al sacro bosco del Sire del pelago, a Onchèsto.
Quivi un puledro sbuffa, da poco domato, e relutta,
tirando il carro bello. Balzato dal carro, l’auriga,
sebbene esperto, a piedi percorre la strada; e i cavalli
traggono vuoti i cocchi, ché liberi sono di guida.
E se conducono i carri da sé dentro il bosco alberato,
cura di loro i ministri si danno, e rimettono i carri.
Il primo sacro rito fu questo: preghiere al Signore
levan gli aurighi; e i carri protegge la Parca del Nume.

     Di qui movesti innanzi, Signore che lungi saetti,
ed a Telfúsa giungesti. Quel vergine luogo ti piacque
per fabbricarvi il tempio, ti piacque la selva frondosa;
e, stando presso a lei, le volgesti cosí la parola:
«Telfúsa, io voglio qui costruire un bellissimo tempio,
dare i responsi qui per gli uomini; e gli uomini sempre
aduneranno qui per me le compiute ecatombi,
quanti han dimora nel suolo del Peloponneso ferace,
quanti nel continente, nell’isole cinte dal mare,
che canteranno qui responsi. Veridici a tutti
oracoli io darò, profetando dal ricco mio tempio».
     Le fondamenta gittò, com’ebbe ciò detto, il Signore,
per tutta la lunghezza, quadrate, grandissime. E vide
Telfúsa, e s’adirò, gli volse cosí la parola:
«Febo signore, che lunge saetti, considera questo.
A te piaciuto è qui costruire il bellissimo tempio,
che oracol per le genti mortali divenga, ove sempre
s’adunino, e per te s’immolino scelte ecatombi.