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AD APOLLO PIZIO 33


Di qui, il vento incomincia a spirare piú gagliardo, e la nave «muove verso l’aurora e il sole, a corso retrogrado». E, cioè, mentre finora aveva mosso da Oriente ad Occidente, adesso muove da Occidente ad Oriente.

Si riepiloghi adesso, e si considerino nelle loro grandi linee i due viaggi d’Apollo. E si vedrà che formano come una grande S rovesciata, che sembra quasi stringere ed abbracciare tutta la penisola ellenica. Anche qui, questa immagine dové imporsi a chi aveva piú assai familiare di quanto possiamo averlo noi, l’aspetto geografico della Grecia; e non poté restare privo di suggestione.

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A quale età si dovrà ascrivere quest’inno?

È sommamente difficile determinarlo. Criterii obiettivi mancano interamente; e le lunghe ricerche degli eruditi non hanno condotto a nessun risultato positivo. Comunemente, s’indica il tempo immediatamente anteriore alla fondazione della festa


    tante località fuori dell’Elide, si aggiunga, quasi, come un nuovo anello della serie, tutta quanta la regione. Il verso è aggiunto; e, anche qui, la riprova è data dal fatto che è tolto di peso dall’Odissea (XV, 298). Seguono ancora i versi: «E quando su Fea giunse, sospinta dall’aura di Giove — d’Itaca il monte eccelso di sotto alle nuvole apparve — Dulichio apparve, Same, Zacinto coperta di selve». Ma, anche qui, Fea si trova molto a mezzogiorno di Dime. E poi, da Fea non si vede Itaca, ché la vista ne rimane interamente preclusa dal promontorio Chelonatas. D’altra parte, non si riesce a vedere perché il poeta dovesse qui interessarsi alla patria d’Ulisse. E, infine, il verso primo e il terzo sono tolti quasi di peso dall’Odissea. Se c’è cosa certa, è che anche qui ci troviamo di fronte ad una interpolazione.