Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
POESIE MINORI | 193 |
che recitava come proprie quelle medesime poesie, e ne
riscuoteva grandi elogi.
E Omero decise di andarlo a smascherare. Scese subito al porto, ma non trovò alcuna nave che facesse vela per Chio, bensì una che giungeva sino ad Eritre. Era tutta strada fatta: Omero chiese d’essere accolto a bordo, e i nocchieri esaudirono il suo desiderio. E n’ebbero in compenso i seguenti esametri:
Ascoltami, possente Posidone, re d’Elicona
santa, dall’ampie contrade, signore che scuoti la terra:
prospera brezza concedi, concedi felice ritorno
ai naviganti, che sono signori e maestri dei legni;
fa’ che alle falde io giunga del Mima dai vertici eccelsi,
uomini possa trovare dal cuore benevolo e pio,
e pena infligga all’uomo che frode mi tese, ed offese
Giove, che i dritti protegge degli ospiti, e il desco ospitale.
Posidone esaudì i voti del poeta, e la nave giunse sana e salva ad Eritre. E Omero, trovata la regione aspra e montuosa oltre ogni sua aspettativa, cantò:
O veneranda terra, datrice di dolce conforto,
come tu sembri ad alcuni degli uomini fertile, e ad altri,
a quelli a cui sei poco benevola, sterile ed aspra.
Da Eritre chiese ad alcuni pescatori il passaggio sino a Chio. Ma quelli non gli diedero retta, e salparono senza di lui, ma accompagnati da questo suo ammonimento:
Nauti che il ponto varcate, che simile avete la vita,
per duro fato, a quella di trepide ognora alcïoni,
Omero minore - 13. |