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192 POESIE MINORI

E da Cuma, eccolo a Focèa, dove riprende la solita misera vita di poeta mendico.

E qui s’imbatté in un certo Testòride, maestro di scuola e matricolato furfante. Costui pensò subito a sfruttare il genio del poveretto; e gli propose di mantenerlo a sue spese, purché gli scrivesse una copia di tutte le sue poesie già composte, e di quelle che scriverebbe in avvenire 1.

E Omero accettò. E, soggiornando presso Testòride, compose la Piccola Iliade e La Fòcide. E il bravo Testòride, appena venuto in possesso dei manoscritti, abbandonò Focèa, e non si fece più vivo col povero poeta derubato. Il quale, confidando, al solito, le sue disgrazie alle fide Muse, scrisse:

Ci sono pei mortali, Testòride, molti misteri,
ma nulla c’è, che sia della mente dell’uomo più arcano.

Testòride, poi, se ne andò a Chio, e fondò una scuola; e, recitando come proprie le poesie d’Omero, si procacciò gloria e quattrini, mentre il povero cieco, rimasto a Focèa, solo a gran fatica riusciva a sostentare la vita.

Se non che, alcuni nocchieri di Chio, venuti a Focèa, e

udito Omero, lo avvertirono che nel loro paese c’era un uomo


  1. Mi sembra che cosí bisogni intendere il passo: Φάς (Θεστορίδης) έτοιμος είναι θεραπεύειν χαί τρέφειν αύτόν άναλαβών, εί έθέλοι ά γε πεποιημένα είη αύτφ τών έπέων άναγράψαι χαί άλλα ποιών πρός έωυτόν άναφέρειν αίει. Se s’intendesse che Omero accettò di cedergli la proprietà dei suoi scritti, non si capirebbe poi la sua indignazione e il suo pronto accorrere a Chio appena sa che Testoride spaccia per propria la roba sua.