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188 POESIE MINORI

«e trovò opportuno (εὶκός) prendere su tutto degli appunti (μνημόσυνα)».

Ora avvenne che, tornando dall’Iberia e dalla Tirrenia (l'Italia), giunti che furono ad Itaca, Melesígene cadde malato d’occhi; e Mente, che doveva proseguire per Leucade, lo lasciò in Itaca, affidato ad un suo grande amico, Mentore, raccomandandogli di averne la massima cura. E cosí fece Mentore, uomo agiato e giusto ed ospitale assai più di tutti gli altri Itacesi; e Melesígene recuperò la vista.

E, soggiornando in Itaca, e studiando i luoghi e chiedendo, apprese una quantità di leggende intorno ad Ulisse, l’eroe locale; e, al solito, ne fece tesoro.

Intanto, Mente, ritornando da Leucade, approdò nuovamente ad Itaca, riprese con sé Melesígene, e ancora per lungo tempo andò navigando con lui. Ma poi, a Colofone, il poeta cadde nuovamente malato d’occhi; e questa volta le cure non servirono a nulla; e divenne cieco.

E qui comincia il più triste periodo della vita di Omero.

Perduta la vista, dove’ dire addio ai viaggi e alle avventure. Da Colofone si recò a Smirne, e qui si dedicò alla poesia. Ma non trovò più gli antichi ammiratori, né gli antichi successi. E, trascorso qualche tempo, non riuscendo nemmeno a guadagnar tanto da vivere, decise di recarsi a Cuma.

Per andare da Smirne a Cuma, si deve attraversare, da Sud a N.O., la pianura in cui scorre l’Ermo. E qui, prima di giungere a Cuma, s’incontrava la città di Neòtico (Novimuro), colonia dei Cumei, fondata otto anni dopo Cuma. Melesígene vi fece una sosta; e, fermatosi presso la bottega d’un cuoiaio, improvvisò i seguenti versi: