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Gli epigrammi attribuiti ad Omero sono riferiti in una delle otto vite del poeta compilate nell’antichità, e specialmente nella più importante di tutte, attribuita ad Erodoto.

Siccome sono poesie di occasione, se le stacchiamo dal contesto, perdono gran parte del loro sapore, e spesso riescono addirittura inintellegibili senza un lungo commento. Ho dunque pensato che meglio valesse rappresentarle incastonate nella suddetta vita, che però non traduco integralmente, bensì riassumo con qualche larghezza, ma senza né aggiunte né alterazioni.

Questa vita, al pari delle sue sette sorelle, è caduta presso la «critica scientifica» in tanto discredito, che oramai non si stampa nemmeno più, e procurarsela è divenuta una piccola impresa1. Perché quanto al contenuto è reputata un ammasso di frottole. E quanto alla paternità erodotea, si fa osservare che è puramente immaginaria; perché Erodoto pone Omero nel

sec. IX, e questa vita, invece, lo pone negli anni immediatamente


  1. Si trova in Westermann, Vitarum scriptores graeci minores.