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166 | BATRACOMIOMACHIA |
E al medesimo risultato ci conduce l’analisi della lingua e della metrica; non c’è proprio dubbio: la Batracomiomachia non è d’Omero.
E di chi sarà allora?
Anche qui la risposta non è né concorde né sicura. Plutarco e Suida la attribuiscono a Pigres d’Alicarnasso, autore di altri scherzi poetici, e fratello di Artemisía, regina di Caria, che si coprí di gloria a Salamina, per la sua saggezza e il suo coraggio.
Altri, invece, la credono anche piú recente, dei tempi alessandrini.
Però, ad Alessandro Magno si attribuiva un motto che, se fosse autentico, escluderebbe una data così bassa. «Pare — avrebbe detto il gran condottiere — che mentre noi qui vincevamo Dario, altrove fosse impegnata una miomachia».
L’allusione al poemetto omerico parrebbe evidente; e, dunque, il poemetto sarebbe per lo meno anteriore ad Alessandro.
È cosa ovvia, e fu rilevata, questa sí, con piena concordia, che nella Batracomiomachia non esiste affatto spirito satirico.
Non ha dunque alcuna attinenza né con Archiloco, né con Ipponatte, né con la commedia. È un semplice scherzo, appartiene ad un genere a sé, che del resto nell’antichità fu rappresentato da altri esemplari: l'Aracnomachia, per esempio, la Geranomachia (battaglia delle gru: certo coi Pigmei, i loro eterni nemici), la Psaromachia (battaglia degli storni). E possiamo credere che la Batracomiomachia, come fu il piú celebre, cosí fosse il primo e il modello di tutti questi poemetti.
Comunque, non merita il superbo dispregio di qualche critico moderno. È una cosetta, d’accordo: è un quadretto di genere; ma di linee giuste e di colori vivaci; e dopo tanti secoli si legge tuttora con gran diletto.