tessono; e fioca l’eco circonda la cima del monte.
E il Nume va danzando qua e là, poi si caccia nel mezzo
coi fitti passi: il dorso gli copre una pelle di lince
fulgida; e il cuore allegra al suono dei cantici acuti,
sovresso il molle prato danzando, ove il croco e il giacinto
florido, tutto olezzante, senza ordine crescon fra l’erbe.
E il grande Olimpo esaltan nel canto, ed i Numi beati,
e, più degli altri, Ermète benevolo onorano a parte,
dei Numi agile araldo. Raccontan come egli una volta
venne in Arcadia, irrigua di fonti, nutrice di greggi,
dove per lui verdeggia la sacra selvetta cillènia;
e qui, sebbene Iddio, pasturava le greggi villose,
presso un mortale: ché còlto lo aveva una languida brama
di Dríope chioma bella, di giungersi seco in amore.
E furono compiute le floride nozze, ed un figlio
caro ad Ermète nacque, che parve un prodigio a vederlo,
bicorne, pie’ di capra, di strepiti vago e di risa.
Balzò su, fuggi via la nutrice, lasciando il bambino,
ché sbigottí, vedendo l’aspetto spiacente e la barba;
ma lo raccolse Ermète, benevolo Nume, da terra,
lo prese fra le braccia, col cuore di gioia ricolmo.
Ed alle sedi ascese dei Numi, tenendo il bambino
nascosto entro la pelle villosa di lepre montana,
e presso Giove sede’, presso gli altri Beati d’Olimpo,
e il figlio suo mostrò. Tutti quanti ne furono lieti
i Numi; e più degli altri, Dïòniso amico dell'orge;
e lo chiamarono Pan, perché tutti avea resi giocondi.
E dunque, a te, salute, Signore: il mio canto è preghiera:
io mi ricorderò d’esaltarti in un carme novello.