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AD APOLLO DELIO 11


Primo, dal contenuto. Infatti, nel gruppo di versi 1-178, si parla solamente e sempre di Delo, e dal verso 182 alla fine, sempre e solamente di Pito.

Poi, dal fatto che entrambi questi gruppi di versi hanno un principio e una fine ben distinti: il principio segnato dalla presentazione ex-abrupto del Nume che avanza in Olimpo: la fine dalla dichiarazione del poeta, abituale, e, sembrerebbe, doverosa in questi inni, che egli riprenderà ancora la cetera, per intonare un nuovo canto in onore del Nume. Infine, furono rilevate molte coincidenze che intercedono fra i due brani: principali, il vagabondar di Latona in cerca dell’isola su cui sgravarsi, che ricorda quello di Apollo in cerca della sede piú adatta per il suo oracolo; e la frode di Era, che fa pensare a quella di Telfusa. E furono assunte come indici della dipendenza d’uno degl’inni dall’altro; e, dunque, di duplicità.

E non mancano le prove obiettive.

Ateneo, un bravo grammatico del II secolo a. C., parla di «inni ad Apollo»: dunque ne conosceva piú d’uno 1.

Aristide, anch’egli egregio grammatico, vissuto nel II secolo d.C., in un brano delle sue orazioni, dice: «Chi è l’ottimo dei poeti? — Omero. Chi piace piú d’ogni altro agli uomini, e per quali doti specialmente li diletta? — Egli medesimo lo previde; giacché, verso la fine dell’inno, rivolgendosi alle fan-

  1. Ὅμηρος ἤ τις Ὁμηριδῶν ἐν τοῖς εἰς Ἀπόλλωνα ὕμνοις. Il Gemoll obietta che, essendovi il plurale, Ateneo parla di piú inni, e non già di due. Ma il plurale si poteva adoperare in luogo del duale. E, ad ogni modo, dimostrare che esistevano piú di due inni, non significa dimostrare che i due inni in questione siano brani di un solo inno.