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Il Baumeister pensò di poter stabilire, almeno da un lato, la cronologia di quest’inno, perché Diòniso vi appare in forma di efebo, e la concezione di Diòniso giovine e sbarbato entra nell’arte solamente con Prassitele (350 circa a. C.).

Ma si sa bene che, anche prima di Prassitele, i Numi quando ne avevano voglia, assumevano qualsiasi forma. Cosí fa, per esempio, Ermete nell’Odissea (X, 277 sg).

               Ermete, che simile in tutto pareva
a giovinetto che imbruna la guancia, negli anni più cari.

Cosí fa qui Diòniso; e lo dice esplicitamente 1.

Che però l’inno non sia tanto antico, si raccoglie sicuramente dalla lingua. E nessuno, leggendolo, potrà non pensare al famoso monumento coragico di Lisicrate su la Via dei Tripodi,


  1. Nei rispettivi testi, la somiglianza si estende sino alle parole, in parte identiche. Inno, 2-3, ώς ὲφάνη νηνίῃ ὰνδρὶ ὲοικὼς προθήβῃ. Odissea, X, 277: ’Ερμείας - χρυσόρραπις ὰντεβόλησεν... νεηνίῃ ἀνδρὶ ὲοικὠς - πρῶτον ὑπηνήτῃ.