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A DEMETRA 103

Non meno evidente e commovente è il secondo episodio (33-89), la pittura di Demetra che s’accorge del ratto, e muove disperata a cercare la figlia. Basterebbero ad onorare un poeta i versi 38-43, che dipingono il primo disperato cordoglio della Dea. — Dopo dieci giorni, ella si reca dal Sole, e apprende che il ratto è avvenuto per volere di Giove, e che dunque non c’è speranza.

Il terzo episodio comprende la passione — quasi si direbbe l’incarnazione — di Demetra. Motivo di altissima poesia, impregnato di sentimento moderno, e che trovò espressione in tutte quante le arti dell’Eliade. La figurazione della Diva che, priva del suo bene ed avvilita, siede lungo la via, quasi come una mendica, è quanto mai potente e commovente, e basterebbe da sola ad attestare le alte facoltà d’un poeta.

Nel quarto episodio abbiamo due tratti spiccatamente omerici: il racconto che Demetra inventa alle figliuole di Celèo, che ricorda i tanti di Ulisse nell’Odissea; e tutto l’episodio delle fanciulle, che sensibilmente riecheggia la divina armonia di Nausica. E non son tanto le singole note, quanto il tòno in genere: che, al solito, fa la musica.

Una serie di vivacissime scene costituisce il quarto episodio, in cui è dipinto il soggiorno di Demetra in casa di Celèo, la cura che ella si prende del bambinello Demofonte, e l’incidente per cui lo abbandona, e si allontana dalla casa di Celèo.

Quinto episodio (305-332). Demetra suscita su tutta la terra un morbo che distrugge ogni frutto. Giove manda tutti i Numi a pregarla, ma nessuno riesce a commuovere il suo cuore.