320piú non li vegliano, compier non vogliono il loro dovere:
perché Giove, che tutto contempla dal cielo, ad un uomo,
se cade in servitú, metà del suo pregio gli toglie».
Dette queste parole, entrò nella fulgida casa,
e difilato andò verso l’atrio, alla volta dei Proci. 325Ed Argo fu ghermito dal fato di livida morte,
poscia ch’egli ebbe, dopo venti anni, rivisto il signore.
Primo d’ogni altro il divino Telemaco scòrse il porcaro,
quand’egli nella stanza entrava. E di súbito cenno
gli fece, a sé lo chiamò. Guardatosi quello d’attorno, 330prese uno scanno, dove soleva sedere lo scalco
a compartire ai Proci le grosse porzioni di carne,
lo portò, lo collocò di Telemaco presso alla mensa,
si assise a lui di faccia. E avanti l’araldo gli pose
del pane che levò dal paniere, ed un pezzo di carne. 335Súbito dopo lui entrò nella camera Ulisse,
simile ad un pitocco tapino meschino, a un vecchiardo,
e attorno si guardò: coperto era tutto di cenci.
Sedé sopra la soglia di frassino, presso alla porta,
e il dorso poggiò contro lo stipite liscio, che dritto 340col filo, nel cipresso tagliato un artefice aveva.
Ecco, e Telemaco allora, chiamato al suo fianco il porcaro,
un pane intiero fuori traèa d’un leggiadro canestro,
e della carne, quanta capían le sue mani; e gli disse:
«Porta, ed all’ospite dà questa roba; e digli che attorno 345giri egli stesso, e dai Proci limosini, uno per uno:
ché per un uomo indigente non è vantaggioso il riserbo».
Disse. E il porcaro andò, com’ebbe udito il comando,
presso ad Ulisse stie’, gli parlò queste alate parole:
«Ospite, questi doni Telemaco t’offre; e t’invita